Una regola efficace per tassare le multinazionali

Perchè è inadeguata la proposta avanzata da Janet Yellen: un’aliquota fiscale minima di tassazione sulle imprese sarà possibile se la violazione della regola comporterà costi superiori al beneficio di aggirarla.
Amazon, strike foto Ap

L’idea di Janet Yellen, segretario del Tesoro Usa, di lanciare una tassa minima globale sulle imprese è la risposta inadeguata al problema numero uno dei nostri tempi. Come dice, infatti, papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, la corsa delle imprese a localizzarsi in Paesi dove i costi di produzione (del lavoro, ambientali e fiscali) sono minimi, rischia di portarci alla fine in un mondo di “ricchezza senza nazioni e nazioni senza ricchezza”.

Con la proposta della Yellen, tuttavia, rimarrebbe sempre la tentazione, per qualunque Stato, di proporre condizioni fiscali migliori attirando verso di sé la localizzazione di moltissime imprese: una localizzazione di fatto virtuale con costi di transazione minimi e dunque realizzabile in pochissimo tempo. La strada efficace da seguire è, ad esempio, quella indicata, negli Usa, da più di tremila economisti e 24 premi Nobel, di introdurre la border adjustment tax in materia ambientale. Anche l’Unione europea intende adottarla a partire da gennaio 2023 per finanziare con risorse proprie il piano Next Generation EU.

In sostanza, si tratta di dire ai produttori di tutto il mondo che chi vuol vendere qualsiasi cosa in questi due mercati, Unione europea e Usa, deve pagare una tassa aggiuntiva sul prezzo finale dei prodotti in caso di difformità agli standard minimi di responsabilità fiscale globale. Un’occasione unica per unire le due sponde dell’Atlantico e cioè una quota enorme del mercato globale. Un’aliquota fiscale minima di tassazione sulle imprese sarà possibile se la violazione della regola comporterà costi superiori al beneficio di aggirarla.

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