Regioni in crisi di legalità
Domenica 16 settembre. Centinaia di manifestanti del comitato “No Grandi Navi in Laguna” hanno dato vita a Venezia ad una “battaglia nel Bacino” per ostruire il passaggio delle imbarcazioni da crociera per il canale della Giudecca. Il ricordo del tragico naufragio della Costa Concordia del gennaio scorso all’isola del Giglio, che costò la vita a 32 persone, sollecita a porre fine al rituale (sciocco e rischioso) dell’“inchino”.
Lunedì 17 settembre. Cosa c’entra, vi chiederete, questa notizia con il deficit di legalità delle regioni? È Renata Polverini, la governatrice della Regione Lazio, a trovarvi un collegamento con un’efficace metafora, dopo l’esplosione del caso Fiorito (il consigliere ex capogruppo Pdl che sperperava ad uso personale i fondi del suo partito): «È una catastrofe politica, ci siamo sfracellati come la Concordia». Non si può certo parlare di un fulmine a ciel sereno, perché non si tratta di un caso isolato in un ambiente sano.
Alla Regione Sicilia, il presidente Lombardo (leader del Movimento per l’autonomia) è stato costretto alle dimissioni perché rinviato a giudizio per corruzione elettorale. Con una faccia tosta da patologia clientelare, Lombardo dopo le sue dimissioni ha assunto tre consulenti a contratto, licenziato un assessore e nominato un paio di nuovi assessori (uno dei quali, appena insediato, ha a sua volta nominato un consulente). Questo in una Regione che conta la schiera – la meglio pagata del Paese – di dipendenti regionali: solo la Guardia forestale conta 27 mila dipendenti, più di quanti ne annovera la vasta regione boschiva canadese della British Columbia.
Alla Regione Lombardia incombe l’ombra di sottrazione di fondi alla Fondazione Maugeri per cui è indagato l’ex assessore regionale alla Sanità Antonio Simone, arrestato insieme ad altre cinque persone. Nell’ambito dell’inchiesta anche il governatore Formigoni ha ricevuto un avviso di garanzia e un invito a comparire.
Problemi anche alla Regione Puglia, giacché la procura di Bari sta indagando nei confronti del presidente della Regione, Nichi Vendola, per abuso di ufficio, per presunti favoritismi nei confronti di un primario suo amico.
Nord, Centro, Sud: il virus della illegalità pare non faccia distinzioni geografiche. Le Regioni fanno l’inchino, come le Grandi Navi. Governatori nell’occhio del ciclone, come il comandante Schettino. Prassi politiche sciocche, rischiose e indecenti. «Spettacolo intollerabile in termini morali, che suona come condanna definitiva di un sistema costruito sul disprezzo dei cittadini», ha scritto Stefano Folli sul “Sole 24 Ore”.
Martedì 18. In un clima di questa natura, cosa ti aspetteresti? Che almeno il Parlamento, responsabilmente, vari il regolamento per introdurre regole di trasparenza sull’erogazione dei fondi ai gruppi parlamentari (si tratta di 36 milioni all’anno, non di bruscolini). Oggi, alcuni partiti hanno fatto marcia indietro rispetto alla bozza che domani arriverà alla giunta per l’approvazione. Il punto controverso riguarda il controllo dei bilanci da parte di società di certificazione esterne, come aveva proposto il presidente Gianfranco Fini. La giustificazione? I controlli esterni violerebbero la cosiddetta “autodichia”, ovvero il principio dell’auto-giurisdizione degli organi costituzionali; quello in base al quale, per esempio, sono la Camera e il Senato a decidere sulle autorizzazioni a procedere nei confronti dei propri membri. Insomma controllori che coincidono con i controllati. Anche il Parlamento, come la Concordia, farà l’inchino?
Se la fiducia nei partiti è crollata sino al tre per cento un motivo ci sarà e di certo non va attribuito all’antipolitica.