Il regime del Myanmar si accanisce contro the Lady

Aung San Suu Kyi, the Lady, è stata trasferita dal regime birmano in una campo militare non precisato, lontano dagli occhi del mondo, per poterla ancora processare, ancora condannare e, forse, farla sparire: i militari potrebbero tentare la carta ell’eliminazione fisica della leader carismatica del Myanmar
FILE - Myanmar opposition leader Aung San Suu Kyi briefs the media after a meeting with Norway Prime Minister Jens Stoltenberg at the Norway government guest house in Oslo on June 15, 2012. A court in Myanmar sentenced the country’s ousted leader, Aung San Suu Kyi, to four years in prison on Monday, Dec. 6, 2021, after finding her guilty of incitement and violating coronavirus restrictions, a legal official said. (AP Photo/Markus Schreiber, File)

Una situazione sempre più dolorosa, quella che riguarda Aung San Suu Kyi, Premio Nobel della pace 1991, condannata per corruzione con vari processi che definire farsa è un eufemismo. Trasferita in segreto in un campo militare non precisato, notizia di queste ore, che si troverebbe non lontano dalla capitale del regime, Naypyidaw.

Una capitale costruita in 6 anni (2006-2012) in mezzo al territorio karen (dopo aver cacciato la gente a colpi di mortaio e fucilate nel 2002), e pensata per circa 900 mila abitanti: è considerata la roccaforte del regime militare. È infatti dotata di bunker sotterranei sotto i ministeri, piste di atterraggio camuffate da strade, e siti inespugnabili pronti a far fronte ad un’eventuale rivolta popolare o ad attacchi militari di nazioni ostili. I militari, si dice dopo la guerra del Golfo contro Saddam Hussein, avrebbero ideato questa nuova città tutta per loro e per le loro famiglie, in modo da poter sfuggire a ciò che temono più di ogni cosa: l’ultima battaglia, la perdita del potere. Un potere che tengono in pugno da 70 anni con una guerra civile sanguinosissima. Questa, secondo molti storici e analisti della regione, è stata la ragione dell’ideazione e costruzione di questa città oggi semideserta, dove le delegazioni diplomatiche hanno rifiutato, da sempre, di portare le proprie sedi diplomatiche, scegliendo invece di restare nella vecchia capitale, Yangon. Praticamente Aung San Suu Kyi è rinchiusa in una non rivelata fortezza inespugnabile, in isolamento, lontano da tutto e tutti. Il confinamento più grave di sempre e lontano dalla sua gente: sola.

Tutti i totalitaristi utilizzano questa politica verso i dissidenti: l’isolamento, la perdita dell’identità come persona, come essere umano. Il governo militare del Generale Min Aung Hlaing non fa eccezione e tenta di stroncare la volontà combattiva dell’unica autorevole oppositrice del regime, una signora (the Lady) di 77 anni appena compiuti. E tutto questo mentre il governo militare golpista continua ad uccidere chiunque osa manifestare per le strade o chi non si reca al proprio lavoro statale, oppure non paga le bollette della luce come atto di disobbedienza civile. In Myanmar non ti staccano la luce se non paghi: ti possono staccare la testa, letteralmente. Ci sono testimonianze di persone che si sono viste arrivare a casa delle unità militari che hanno intimato il pagamento delle bollette, pena la vita dei propri cari. I militari vanno nelle scuole (elementari) a intimidire i figli dei dissidenti e di chi disobbedisce civilmente. La situazione dei diritti umani in Myanmar è gravissima, peggiorata dal fatto chein questo momento l’Occidente, concencentrato sul conflitto ucraino, non si accorge degli altri drammi dell’umanità.

Sono 1.2 milioni i cittadini del Myanmar rifugiati nei Paesi vicini, più di 2 mila le persone uccise dai militari birmani dalla presa del potere, il 1° Febbario 2021. E il flusso di persone che continuano a scappare verso i Paesi confinanti è inarrestabile. Non dimentichiamo inoltre il dramma dei Rohingya, circa 1,2 milioni, da tempo in Bangladesh o in altri Paesi. Nella sola Bangkok (Thailandia) si parla di 1 milione di cittadini del Myanmar che lavorano in nero.  E questo non avviene solo in Asia: il 2022 è l’anno in cui il numero dei rifugiati nel mondo intero ha raggiunto il tetto di 100 milioni.

L’inviato speciale dell’Asean (Associazione del nazioni del Sud est Asiatico) per la crisi del Myanmar, il 27 Giugno avrebbe chiesto ai militari del del Myanmar di non accanirsi contro Aung San Suu Kyi (che tra il resto ha vinto legalmente le elezioni di Novembre 2020), appellandosi alla clemenza. Si tratta di Prak Sokhonn, Ministro degli Esteri della Cambogia, Paese che detiene la presidenza per quest’anno dell’Asean. Prak Sokhonn, in una lettera, ha richiesto compassione (grande valore buddhista) per Aung San Suu Kyi. Ma gli oppositori del regime denunciano l’operato di Prak Sokhonn che nella sua visita, lo scorso marzo, avrebbe di fatto favorito la giunta militare senza tenere in nessun conto l’opposizione: critiche che il ministro cambogiano dice di aver accolto. Speriamolo, ma il ruolo di mediatore di Sokhonn non ispira molta fiducia in Myanmar tra gli oppositori del regime, perchè anche la Cambogia è governata da un regime autoritario che non esita ad eliminare fisicamente i propri oppositori.

Senza una rinnovata sensibilizzazione mediatica internazionale è in pericolo non solo la libertà di Aung San Suu Kyi, ma la sua stessa vita e quelle di molti birmani ingiustamente perseguitati.

 

 

 

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