Referendum costituzionale. Una riforma accettabile
Al referendum costituzionale di ottobre è probabile che voterò sì, per quattro ragioni.
1) Di fronte alla scelta se conservare il sistema esistente o cambiarlo secondo le linee della riforma, mi pare difficile avere dubbi. Il sistema politico e istituzionale in vigore non va bene. L’abbiamo visto all’opera e credo che nessuno possa difenderlo dall’accusa di essere inadeguato ad accompagnare i cambiamenti politici che il Paese reclama. La storia recente parla chiaro. Eccetto, forse, il secondo governo Berlusconi (2001), tutte le ultime esperienze di governo si sono concluse con lotte fratricide consumate fra la Camera e il Senato. Gli inquilini di Palazzo Chigi sono stati sfrattati da vicende contorte, spesso favorite da meccanismi parlamentari farraginosi. Dunque voltare pagina è necessario. Le riforme sono invocate da anni e volute da molti, non è un prurito renziano dell’ultimo minuto.
2) Si tratta di capire se il pacchetto di riforme proposto è “accettabile” oppure no. “Accettabile” è la parola chiave, quando parliamo di riforme costituzionali. L’ottimo è nemico del bene, in questi casi. Ciascun partito politico, ciascuno professore universitario esperto in tale materia, ciascuno di noi, potrebbe concepire la riforma perfetta e poi misurare come tale perfezione mal si incontri con le concezioni altrui. Ma l’assetto costituzionale è un ombrello sotto il quale tutti devono poter agire nella comunità politica, dunque deve incontrare l’adesione dei più – per questo andiamo al referendum – anche a scapito del sacrificio della propria idea perfetta. La riforma, perciò, nonostante differisca in alcuni punti (l’Italicum in primis) da quella che avrei fatto io se mi fossi trovato a promulgarne una, la trovo accettabile. Apprezzo in particolare: a) la fine del bicameralismo paritario; b) il rafforzamento dell’azione del governo; c) la riduzione di alcune competenze legislative assegnate alle Regioni; d) la proposta del referendum propositivo; e) il calo dei costi della politica che la riforma produce.
3) Trovo fuori luogo coloro che gridano alla svolta autoritaria come pericolo connesso a questa riforma. Immaginare che stiamo favorendo l’instaurazione di una dittatura Renzi/Boschi è troppo anche per una fervida fantasia. Eppure non sono passati molti anni da quando abbiamo davvero sperimentato la paura di una eccessiva concentrazione dei poteri. Il berlusconismo era tale per cui nelle mani di un solo uomo, che faceva del decisionismo muscolare il suo marchio di fabbrica, si centralizzava il potere esecutivo, quello finanziario, quello comunicativo (con tutti i meccanismi d’influenza sugli altri poteri che tale sistema generava). Sì che c’era da preoccuparsi, allora. Mi sembra invece un errore di sopravvalutazione assegnare a Renzi il ruolo di novello aspirante duce.
4) Il fronte del “no” non propone alternative coerenti, mentre è chiaro come si compone. È fatto da quelli che dicono “no” sempre e in ogni caso, perché non credono – a loro avviso – che lo Stato borghese, risultato degli interessi delle multinazionali, possa partorire qualcosa di buono. Dunque rifiutano ogni cosa, a prescindere. Poi vi sono quelli a cui importa poco della riforma costituzionale, ma vogliono semplicemente mandare a casa Renzi, giacché rimpiangono i tempi in cui si aprivano i ministeri a Monza, o si decideva il futuro del governo nella direzione del partito, oppure sognano l’instaurarsi di una democrazia diretta, nella quale la scheda nell’urna è sostituita dal clic sul mouse. Infine vi sono quelli che entrano nel merito della riforma, ne contestano con competenza i rilievi giuridici, offrono soluzioni alternative. Costoro non reputano “accettabile” la soluzione individuata. Purtroppo sono una minoranza. Speriamo sia quella che parteciperà al dibattito, e speriamo che quest’ultimo potrà essere serio e razionale, slegato dai tempi e dai modi dei talk show attuali, che vivono di scontri verbali e attacchi furibondi utili allo share ma inutili alla comprensione delle cose.
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Questo articolo esprime l’opinione personale di chi lo ha scritto. Città Nuova ha deciso di dare spazio ad un dialogo aperto ed esigente tra i sostenitori del SI e del NO in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre secondo il criterio espresso in questi articoli.
http://www.cittanuova.it/c/458365/Divisi_verso_il_referendum_Appello_ad_un_voto_consapevole.html
http://www.cittanuova.it/c/458287/Il_referendum_alle_porte_Continuiamo_il_confronto.html
Ascoltando l’invito all’unità del Paese come espresso dal Movimento politico per l’unità in Italia
http://www.cittanuova.it/c/457053/Referendum_No_allo_scontro_tra_guelfi_e_ghibellini.html
Ovviamente anche le interviste rientrano fisiologicamente nella finalità di offrire un approfondimento nell’ascolto delle ragioni del SI e del NO.