Referendum costituzionale tra ricorsi e nuove proposte
Mentre imperversa, teso a conquistare gli indecisi, il dibattito sul Si e sul No, qualche protagonista del fronte contrario alla riforma avvia iniziative che puntano a mitigare l’effetto negativo del No. Rispunta così la proposta di spacchettare il quesito referendario, che sembrava sepolta per sempre. E invece, la querelle sul testo del quesito, ha aperto uno spazio per via giudiziaria.
Da un lato è stato chiamato in causa il solito TAR, attraverso più impugnazioni del decreto che ha indetto i comizi referendari, contestando la non piena attuazione della legge n. 352 del 1970, che disciplina dettagliatamente tutto il procedimento referendario.
Per quanto riguarda le modifiche alla Costituzione, l’art. 16 prevede testualmente: “Il quesito da sottoporre a referendum consiste nella formula seguente: «Approvate il testo della legge di revisione dell'articolo… (o degli articoli …) della Costituzione, concernente … (o concernenti …), approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?».
Com’ è noto, invece, il testo del quesito approvato dalla Cassazione si limita a riprodurre il titolo della legge, che come tale è stato votato dal Parlamento, ma che come tale non riesce a cogliere tutti gli aspetti della riforma. Un’altra contestazione che viene sollevata riguarda la definizione, presente nel decreto, del referendum come “confermativo”, aggettivo di uso discorsivo, ma che non è presente nell’art. 138 della Costituzione e neppure risulta in una qualche norma di legge.
Accanto ai ricorsi al giudice amministrativo ne è partito un altro, al giudice civile, con lo scopo di accertare, in via d’urgenza, il diritto dei ricorrenti a votare al referendum costituzionale “su quesiti non eterogenei, a tutela della loro libertà di voto”. Ecco riaffacciarsi l’ipotesi di spacchettamento, a salvaguardia del requisito della omogeneità del quesito, elemento necessario per garantire una libertà di voto effettiva. Tra l’altro, i sondaggi registrano posizioni articolate nei confronti della riforma: chi vota “no” spesso lo fa per una prevalenza di valutazioni negative, ma voterebbe "si" su alcuni aspetti specifici e viceversa.
E l’attivismo del fronte del No non finisce qui. Un’inedita strana coppia, formata da Massimo D’Alema e da Gaetano Quagliariello, ha presentato un testo alternativo che – assicurano –, nei prossimi giorni verrà depositato alle Camere, corredato dalla firma di parlamentari dei due tradizionali schieramenti di destra e sinistra.
L’elaborato è stato messo a punto in seno alle fondazioni che fanno capo ai due politici, Italianieuropei e Magna Carta, con il contributo di addetti ai lavori spesso illustri.
La pretesa di modifica è minimal, ma comunque significativa: si punta a ridurre il numero di tutti i parlamentari (alla Camera 400 deputati e al Senato 200 senatori); il bicameralismo – come nella riforma Renzi-Boschi – viene superato per quanto riguarda il voto di fiducia, riservato alla sola Camera dei deputati, resta “perfetto” invece – come in parte è nella riforma approvata – per il procedimento legislativo, e vale per tutte le leggi, con un’innovazione: l’istituzione di una “Commissione paritetica di conciliazione”, un organismo che trae ispirazione dal bicameralismo americano (dove esiste la Conference committee) e che ha l'obiettivo di trovare un accordo quando su un testo di proposta di legge le due Camere si dovessero trovare in conflitto. Poiché il Senato conserva la funzione legislativa, ne viene conservata anche l’elezione a suffragio universale.
L’iniziativa è chiaramente tesa a smorzare i toni apocalittici delle analisi su scenario di vittoria del no; affermano infatti i proponenti che una proposta del genere potrebbe essere approvata addirittura nel corso della presente legislatura, a maggioranza qualificata, e quindi scongiurando un altro referendum. Per valutare l’attendibilità di un tale pronostico, sarà già un indicatore il numero di firme che accompagnerà la proposta nella presentazione alle Camere.