Recovery plan ed economia civile
Come saranno impiegate le risorse europee del Recovery fund destinate al nostro Paese per rispondere alla grave crisi in atto fatta emergere dall’epidemia globale del Coronavirus?
Trattative e scontri sono all’ordine del giorno tra le parti sociali, i partiti e le diverse scuole di pensiero cui sono interpreti più o meno fedeli. In tale contesto, segnato dal timore di un’ondata di ritorno del contagio e dai segnali di un disagio sociale pronto ad esplodere, ha sorpreso la recente affermazione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sull’economia civile che salverà il Paese.
Lo ha detto commentando la Carta di Firenze presentata durante il Festival dell’economia civile. A tale documento ha dato il proprio contributo, tra gli altri, l’Aipec, “l’Associazione Italiana Imprenditori per un’Economia di Comunione”. Una realtà abituata alla tempesta essendo nata proprio per rispondere alla crisi economica del 2007-2008, già definita epocale prima ancora di ciò che sta accadendo in questo 2020.
Rientra in questa logica la scelta di elaborare alcune proposte per la ripartenza del Paese da discutere con gli esponenti delle forze politiche e del governo. Il documento, corredato dall’intervento di Benedetto Gui, professore ordinario di Economia Politica nell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Firenze), è scaricabile dal sito di Aipec, ed è stato illustrato a più voci di giovani di Aipec, in collegamento sul web, la sera di lunedì 12 ottobre.
In prossimità cioè di importanti decisioni in merito alla nota di aggiornamento del Bilancio pubblico e alle nuove regole necessarie per contrastare il contagio del virus. Su tutto poi emerge la scadenza della sessione del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre che dovrà esaminare le linee guida del piano di ripresa e resilienza elaborato dal Governo.
Grazie all’impegno del Mppu, Movimento politico dell’unità, e del suo presidente Silvio Minnetti, è emersa una fase avanzata di interlocuzione di tali proposte con rappresentanti del governo, dal viceministro dell’economia Antonio Misiani a Cecilia Guerra, sottosegretaria allo stesso ministero, che sono direttamente competenti nell’elaborazione delle scelte strategiche in corso. Così come il sottosegretario al Lavoro, Steni Di Piazza, investito della responsabilità di coordinare un comitato di esperti per la promozione e lo sviluppo dell’economia sociale e solidale, definita “Terza economia”.
Di Piazza, l’unico tra gli esponenti dell’esecutivo intervenuto nell’incontro promosso da Aipec, ha fatto proprie le istanze di questa associazione che presenta l’originalità di voler rappresentare non solo imprenditori, aziende, professionisti, commercianti ed anche ad associazioni, cooperative, consorzi e prevede anche la partecipazione, come soci aderenti, di studenti, lavoratori dipendenti, pensionati e disoccupati.
Senza tacere i motivi di frizione che accompagnano la dialettica tra i partiti, anche i deputati Tullio Patassini, della Lega, e Luca Squeri, di Forza Italia, hanno concordato sulla condivisibilità delle proposte di Aipec che spaziano dalla promozione dell’imprenditoria civile all’attivazione di processi di sviluppo locale e riduzione dei divari tra i territori, fino alla diffusione di una cultura economia che metta al centro la persona e l’ambiente.
Bisogna entrare nel dettaglio delle proposte, che riprendono contributi di varia provenienza come quello dell’Unione nazionale dei comuni montani, per capire come poter declinare concretamente certe scelte. Ad esempio il deputato Luca Squeri ha messo in guardia la contraddittorietà di certe opzioni ecologiche che finiscono per favorire le fonti fossili.
Elementi utili per le annunciate ulteriori sessioni del confronto su proposte come l’albo certificato delle imprese fedeli al fisco, e che cioè non si sottraggono, con elusioni e evasioni, dal vincolo di solidarietà insito nell’adempimento fiscale. Solo a titolo di esempio, e per stimolare l’attenzione, è poi interessante capire cosa vuol dire premiare le aziende che prevedono la rappresentanza dei lavoratori e di altri portatori di interessi territoriali nei loro consigli di amministrazione. Proposta di chiara ispirazione olivettiana così come il sostegno al welfare di comunità.
Come ha spiegato bene il presidente di Aipec, Livio Bertola, è ormai evidente, da parte di tante realtà, che per uscire da questa crisi occorre «cambiare alcune “regole del gioco”: sui temi dell’impresa e del lavoro, dell’ambiente, del tessuto sociale». In questo senso l’Associazione condivide le iniziative già emerse con la Carta di Firenze del festival dell’economia civile di Firenze, il manifesto per un nuovo welfare di una vasta rete associativa e Il patto economico – imprese per una terza economia.
Il criterio, come sempre, è quello di accendere delle luci piuttosto che maledire la notte, ma è chiaro a tutti le proposte avanzate si collocano dentro la realtà descritta dal Centro studi di Confindustria che prevede per il 2020 una forte contrazione dei consumi delle famiglie italiane, la diminuzione del 15,8% degli investimenti, il calo dell’export del 14,3 % e un complessivo calo del 10% per il Pil.
Realtà evocata dal contributo della deputata del Pd Francesca Bonomo che si è collegata dall’aula di Montecitorio ribadendo l’urgenza di interventi per contrastare la povertà e la precarietà.
È bene, inoltre, tener presente che le risorse del Recovery fund (209 miliardi di euro0 tra trasferimenti e prestiti) sono importanti ma di meno di quanto ne accorerebbero secondo il parere, ad esempio, dell’economista e premio Nobel Stiglitz.
La drammaticità della situazione attuale ci impone, quindi, di non ridurre il contributo della economia civile ad un ruolo marginale nei confronti delle scelte strategiche del nostro Paese rappresentate ad esempio dalla presenza a Taranto, lo stesso 12 ottobre, del Presidente del Consiglio, Conte, e di un buon numero di ministri a Taranto per la ridefinizione del ruolo del porto civile e militare e al destino industriale di un’area critica che ha bisogno di una profonda riconversione.
Insomma la sfida adeguata per chi come le persone dell’Aipec vogliono «porre come valore aggiunto del proprio modo di lavorare nel mercato nazionale e internazionale, la cultura del dare».