Recovery fund e bilancio europeo, Ungheria e Polonia hanno tolto il veto

Il Consiglio europeo approva il bilancio dell’Unione europea e il Recovery Fund. Dopo una mediazione della Germania, Ungheria e Polonia hanno rinunciato al veto, ma restano molti nodi irrisolti

Lo scorso 16 novembre, durante una riunione del Coreper, il comitato che riunisce i rappresentanti permanenti dei 27 Stati membri dell’Unione europea (UE), l’Ungheria e la Polonia avevano espresso il proprio veto, bloccando la decisione sul bilancio europeo per il periodo 2021-2027 e sulle risorse proprie, che richiede l’unanimità, perché condizionato al cosiddetto stato di diritto, cioè il rispetto di quelle norme che garantiscono l’esercizio della democrazia, i diritti fondamentali, la giustizia, ecc.

Nelle ultime settimane, la Germania, che regge la Presidenza di turno del Consiglio dell’UE, si era adoperata per la ricerca di una mediazione da portare al tavolo del Consiglio europeo del 10 dicembre. Nello specifico, l’accordo, sotto forma di una dichiarazione nelle conclusioni del Consiglio europeo, impegna la Commissione europea a non intraprendere una procedura sanzionatoria contro nessuno Stato membro finché la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) non si sarà pronunciata sulla legalità del meccanismo sanzionatori legato allo stato di diritto. Infatti, l’Ungheria e la Polonia faranno ricorso alla CGUE proprio in tal senso.

Del resto, la dichiarazione lascia inalterati l’essenza e la portata del meccanismo di sospensione dell’erogazione dei fondi europei per quegli Stati membri che sperimentino casi di corruzione o conflitto di interessi sulla gestione dei fondi europei o laddove esista il rischio di una supervisione giudiziaria non indipendente sul rispettivo controllo. Inoltre, il meccanismo si applicherà comunque retroattivamente dal 1° gennaio 2021, una volta emanata la sentenza della CGUE, in linea con quanto inizialmente concordato dai governi e dal Parlamento europeo.

Infatti, sebbene Mateusz Morawiecki, primo ministro polacco, descriva l’accordo come una doppia vittoria (considerando l’ammontare dei fondi assegnati alla Polonia e la sospensione del meccanismo sullo stato di diritto), il suo ministro della giustizia, Zbigniew Ziobro, partner della coalizione di governo, esprime il proprio disaccordo sulla decisione e sull’interpretazione del diritto europeo. Del resto, come giustamente fa presente, una dichiarazione non ha un valore giuridico superiore al regolamento di attuazione del meccanismo in questione.

Eppure, è proprio questo il dato politico che va tenuto in considerazione. Difatti, i leader polacco e ungherese ritornano a casa sbandierando una vittoria e gli altri leader europei tirano un sospiro di sollievo, in punta di diritto. Proprio il primo ministro ungherese, Viktor Orban, può beneficiare di un periodo transitorio probabilmente tranquillo, in vista delle elezioni ungheresi del 2022, poiché una sentenza della CGUE sulla questione dovrebbe arrivare dopo il voto nel proprio Paese.

Nonostante tutto, l’accordo è importantissimo, perché da circa sei mesi si stava trattando su questo pacchetto di risorse da 1.800 miliardi di euro che, oltre al bilancio pluriennale dell’UE, comprende anche l’avvio del meccanismo sulle risorse proprie, che autorizza la Commissione europea a indebitarsi sui mercati per finanziarie il Next Generation EU da 750 miliardi di euro, il cosiddetto Recovery Fund. Queste risorse sono particolarmente importanti per rilanciare l’economia dell’UE, che sta vivendo una crisi economico-sociale senza precedenti a causa della pandemia di COVID-19, ma anche per rendere le economie degli Stati membri più sostenibili e digitali.

La storia non finisce qui. Dopo gli ultimi passaggi formali a Bruxelles e Strasburgo, gli Stati membri dovranno ratificare, principalmente attraverso i rispettivi parlamenti nazionali, il nuovo tetto di bilancio dell’UE e la decisione sulle risorse proprie. Allora, potremmo vederne delle belle.

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