Record di immigrati via mare

Chi sono i profughi? Perché si sono imbarcati? Vite reali e soluzioni da trovare rapidamente per il loro futuro. Il rapporto dell’Acnur
Barcone immigrati

 

Nei giorni scorsi l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha pubblicato i dati sugli immigrati giunti in Europa attraversando il Mediterraneo: sono oltre 58 mila. Un vero record ma certamente non inatteso, se ricordiamo le sommosse politiche di Tunisia e Libia che hanno indotto tantissimi a fuggire.

Inoltre sarebbero almeno 1500 le persone che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, anche se lo stesso Commissariato riconosce che i morti potrebbero essere molti di più – un numero quindi indefinibile –, perché non è detto che si venga sempre a sapere se qualche barcone è affondato. Per di più, se la segnalazione giunge dai parenti che aspettano notizie dell’arrivo, allora non è certamente possibile sapere quante persone c’erano realmente nell’imbarcazione dispersa.

Oltre ai numeri davvero impressionanti, dobbiamo evidenziare anche alcune situazioni descritte dall’Acnur sulla base dei racconti degli immigrati, descrizioni che vengono ripetute agli operatori legali e ai servizi sociali nelle fasi del tentativo di regolarizzazione della permanenza sul nostro territorio. Quindi ben note anche allo Stato italiano.

In questo modo abbiamo la conferma che molte persone giunte dalla Libia non avevano alcuna intenzione di venire in Italia. In Libia avevano da tempo trovato un lavoro e riuscivano a spedire con regolarità i soldi alle famiglie rimaste nei Paesi di provenienza: Burkina Faso, Senegal, Ciad, ecc. Eppure venivano sequestrati dalla polizia e dall’esercito di Gheddafi e messi a forza sui barconi, verso l’ignoto. Al più veniva detto loro che, per sicurezza, era meglio trasferirsi in Tunisia. Invece arrivavano a Lampedusa.

Ora non sanno cosa fare. Qui vivono il disagio dell’attesa: tempi infiniti per l’accertamento del diritto ad avere un permesso di soggiorno, niente lavoro, niente soldi. Al massimo un corso base di alfabetizzazione e qualche partitella a calcio. Nel frattempo la depressione, l’incubo dell’ignoto, la preoccupazione per la famiglia lontana che non ha più mezzi di sostentamento.

Dal comunicato Acnur – poche righe accorate – dovremmo ricavare alcune piste di studio e di lavoro su temi molto disparati: innanzitutto sulla politica estera italiana (passata e presente) soprattutto con i Paesi del nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo. Poi sulle soluzioni adottate stabilmente, e non solo in emergenza, per l’accoglienza degli immigrati. Terzo, sulle procedure e i criteri di regolarizzazione, che andrebbero riscritti dall’inizio alla fine in forma unitaria, semplificata e possibilmente comprensibile. Quarto, su dove vanno i finire gli immigrati che scappano dai centri di accoglienza e diventano clandestini a tutti gli effetti. Infine sulla quantità del personale preposto all’erogazione dei servizi essenziali (mi riferisco in particolare alla carenza di organico nelle Questure che dovrebbero rilasciare i permessi di soggiorno).

Quindi, volendo, ci sarebbero materie da studiare e approfondire per chiunque voglia dedicarsi all’argomento. Ma è evidente che il silenzio e la quiescenza – nei periodi di crisi – possono fare comodo.

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