Rebus ucraino
Mentre il Lugansk sembra ormai totalmente in mano, o quasi, ai russi e filorussi, ora nel mirino di Mosca ci sarebbe il territorio di Donetsk, per arrivare alla “riconquista” di tutto il Donbass. Al sud sembra invece che le forse ucraine stiano iniziando una controffensiva che ha come mira Kherson. Può darsi che le attuali manovre stiano mettendo in luce le mire tattiche, non sempre confessabili, dei due schieramenti che sembrano dire: “Intanto assicuriamoci questi risultati minimi, poi vedremo se riusciremo a far di più”.
In ogni caso la guerra militare si è “banalizzata”, se mai si potesse dire qualcosa del genere, e rischia di continuare a lungo, mesi e anni, come d’altronde già succede nel Donbass dal 2014. I due campi sperano in nuove armi, soprattutto gli ucraini: sta terminando il periodo di formazione da parte degli occidentali ai militari di Kiev nell’uso di batterie di missili a breve e lungo raggio di fabbricazione occidentale e non più russa.
Si continua tuttavia a morire, anche se, va detto, le vittime civili diminuiscono in percentuale rispetto a quelle militari. I dati Onu ultimi parlano di 26 mila morti civili, mentre le cifre dei militari si stimano a più di 25-30 mila per gli ucraini e 35-40 mila per i russi. Quasi 400 i minori colpiti. Come in ogni guerra di logoramento, comincia a crescere d’importanza la voce “rifornimenti”, il che vuol dire armi di tutti i tipi, mezzi di trasporto, viveri, equipaggiamenti adeguati alle stagioni, mezzi di comunicazione protetti, copertura cyber dei luoghi di battaglia, rotazione delle truppe. Soprattutto quest’ultima voce potrà avere effetti decisivi nella guerra guerreggiata.
Sul piano diplomatico poco si muove, a parte qualche tentativo di Erdogan, più che altro in campo alimentare (seppur con inconfessate mire egemoniche e finanche militari di Ankara). Senza considerare qualche maldestro tentativo ancora in atto, come quello intelligente ma un po’ troppo idealistico del presidente indonesiano. Sembra che i tempi non siano maturi per trattative dirette tra Mosca e Kiev. Purtroppo.
Si sta verificando quanto si paventava: un ulteriore scavo della grande frattura tra Occidente (Giappone, Corea e Australia compresi) e resto del mondo. Andate in Giordania, in Kenya, in Indonesia, in India… e vedrete che nelle strade la gente normale, oltre a considerare la guerra una questione piccola e lontana, vi manifesterà le sue simpatie molto più chiare per la Russia che per Europa e Stati Uniti. Mi si dirà: sono i frutti della propaganda di Mosca e Pechino. Certamente, ma i sentimenti antiamericani, anzi antistatunitensi, non datano a ieri. La Nuova Guerra Fredda sarà molto più estesa nel tempo e nello spazio della precedente, quella che aveva diviso blocco comunista e resto del mondo per quarant’anni di mosse e contromosse.
Ultima nota: aumentano gli strumenti e i campi di azione della cyberwar, la guerra digitale, sia in campo militare (droni, missili, guerre di oscuramento dati, spionaggio…), sia sul web (hackeraggi di siti nemici, propaganda e fake news, uso dei profili dei social senza autorizzazione, monitoraggio delle attività nemiche…). È una competizione enorme che rischia di snaturare il web stesso.
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