Rebus, per recuperare cibo e farmaci avanzati

Il progetto, partito da Verona su iniziativa delle Acli, si è già diffuso in altre Regioni. Consente il riciclo di alimenti e medicinali e dà diritto a sgravi fiscali.
svimez

A ciascuno di noi sarà sicuramente capitato, con una sensazione mista di dispiacere e di fastidio, di veder gettare cibo ancora buono in mense, ristoranti, rosticcerie dei supermercati all’ora di chiusura; pensando a come tante persone potrebbero ancora farne buon uso. Fortunatamente negli ultimi anni, grazie anche ad alcune modifiche legislative in questo senso, hanno preso il via numerose buone pratiche di recupero e riutilizzo: tra le più significative c’è il progetto R.e.b.u.s. (Recupero eccedenze beni utilizzabili solidalmente), partito da Verona oltre otto anni fa su iniziativa delle Acli e ora diffuso alle province di Vicenza, Mantova e Brescia – e in fase di implementazione ad Ancona, Reggio Emilia e Frosinone.

L’idea centrale del progetto è quella di eliminare tutti i passaggi di intermediazione dell’attività di recupero, mettendo in contatto direttamente azienda donatrice ed ente beneficiario: si eliminano così costi di magazzino ed inefficienze nella distribuzione, oltre a garantire migliori condizioni igienico-sanitarie del materiale recuperato (ed evitando, ironia della sorte, sprechi in fase di redistribuzione).

Le eccedenze alimentari vengono recuperate da mense scolastiche, mercati ortofrutticoli, grossisti e produttori di generi alimentari, ristorazione organizzata; ma anche farmacie e canali di donazione di prodotti di prima necessità di vario genere, perché non è soltanto il cibo ad andare sprecato se non utilizzato in tempo utile. Tutto ciò che finirebbe nel cassonetto se non venduto a breve viene così redistribuito immediatamente ad oltre sedicimila persone in condizione di disagio, grazie all’opera di un centinaio tra associazioni ed enti no profit che le assistono.

Nel corso del 2017 sono stati recuperati oltre 1 milione di kg di generi alimentari per un valore economico che supera i 2 milioni di euro, e 5 mila confezioni di farmaci per un valore di oltre 65 mila euro. Per il 2018 i dati sono ancora parziali e riferiti ai primi sei mesi, ma evidenziano un trend in crescita: i kg di cibo recuperato hanno sfiorato i 700 mila, e sono state 5280 le confezioni di farmaci recuperate – più che in tutto l’anno precedente.

Cuore del progetto, si diceva, è Verona; dove sono una sessantina le aziende donatrici, e sono state siglate convenzioni specifiche con Federfarma e Veronamercato. Anche il Comune, come capofila del progetto, si è impegnato ad agevolarlo: il regolamento comunale prevede infatti una riduzione sulle tariffe dei rifiuti per gli esercenti che vi aderiscono, che va a sommarsi ai vantaggi fiscali previsti dalla normativa nazionale. Le Acli, da parte loro, garantiscono la tracciabilità della donazione; e forniscono all’azienda dati utili ad ottimizzare gli acquisiti e valutazioni di impatto ambientale, economico e sociale.

I risultati incoraggianti hanno spinto anche le province di Ravenna, Rimini, Varese, Venezia, Firenze, Bari, Foggia e Napoli ad avviare una fase di confronto per estendere il progetto ai propri territori. Numerosi convegni nazionali ed internazionali hanno inoltre dato spazio al progetto come esempio di buona pratica. Insomma, i presupposti perché il progetto cresca ancora ci sono tutti.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons