Rebellin e quel Giro visto dal divano

La corsa rosa affronta il primo giorno di riposo. Lontano dai riflettori c’è un ciclista che all’ombra dei suoi 43 anni vince e monta in sella con l’entusiasmo di un ragazzino. Dopo la squalifica per doping, una medaglia olimpica restituita ed una sentenza d’assoluzione
Rebellin

Oggi niente tappa. Bici ferme o quasi, pronte al massimo per una leggera sgambata, guai a perdere il ritmo. Il Giro riposa con Alberto Contador (Tinkoff-Saxo) in rosa ed il nostro splendido Fabio Aru (Team Astana) ad incalzare il primato a soli tre secondi. La corsa va nella seconda settimana. All’Italia tre successi di tappa: Viviani, Ulissi e Tiralongo.

 

Al Giro quelli di casa nostra ci sono tutti o quasi. Non c’è Nibali, concentrato sul Tour de France, non c’è Pozzato (in attesa di un segnale del suo esserci) e non c’è l’amato-odiato Davide Rebellin anche se la sua squadra c’è eccome (la polacca CCC-Sprandi-Polkowice n.d.r.), in virtù dell’accordo economico siglato dal secondo sponsor con il gruppo RCS, ente organizzatore del Giro d’Italia. La testa di Rebellin era stata chiesta in maniera più o meno esplicita dalla direzione tecnica

 

Rebellin corridore non gradito, eppure il vecchio Davide al recente Giro di Turchia aveva fatto vedere che si può vincere alla grande in salita anche con 43 primavere sul groppone sfiorando pure il colpaccio nella generale. A rovinare l’impresa un cane che ha attraversato la strada al passaggio dei corridori nel corso dell’ultima tappa con arrivo ad Istanbul. Risultato finale per il corridore veneto di Lonigo (Vi): lussazione della spalla sinistra ed immediato ritiro.

 

Ciao Davide, prima di tutto come stai e come procede il recupero?

«La spalla mi dà un po’ di fastidio, ma sono già risalito in bicicletta per non perdere troppo tempo. Sto facendo un po’ di riabilitazione in attesa dell’operazione per ristabilire i legamenti a fine stagione».

 

Quanto ti alleni in media al giorno in questo periodo dato l’infortunio e quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

«Faccio uscite di 3-4 ore al giorno. Ritorno alle gare mercoledì con il Giro di Norvegia. Non sarò al 100 per cento, ma vedo che la situazione migliora di giorno in giorno».

 

Al Giro di Turchia sei caduto a pochi chilometri dal traguardo finale. Eri secondo in classifica generale, ma ti sei dovuto ritirare. E’ passata la delusione?

«Perdere così è sempre un peccato, ma cosa si può fare se non guardare avanti».

 

Hai conquistato però una vittoria di tappa. Quali emozioni hai provato ad alzare le mani a 43 anni?

«Ogni vittoria mi regala sempre una emozione particolare. Anche per questo continuo a correre. Ho ancora voglia di fare, mi diverto ancora e finché le sensazioni sono queste è un peccato smettere, a parte qualche incidente di percorso che però fanno parte di questo sport».

 

Entusiasmo di un ragazzino quindi?

«Sì, direi di si».

 

Non è da tutti essere ancora in sella a 43 anni. Come si raggiunge un traguardo così?

«Tanta passione prima di tutto poi un buon allenamento, una alimentazione curata, il giusto recupero tra uno sforzo e l’altro. Sono tutti frammenti che fanno parte della mia vita non sono sacrifici».

 

Il Giro lo stai seguendo?

«Sì certo!».

 

Al di là dell’infortunio che effetto ti fa da italiano non essere al Giro quando nelle gambe c’è una buona condizione?

«Dispiace non esserci ovvio. E’ stata una scelta della squadra e la rispetto. Già a dicembre mi era stato detto che il Giro non avrebbe fatto parte dei miei programmi però ad essere sinceri la voglia di esserci era tanta. Nel corso della settimana che si è appena conclusa avrei lottato per una tappa e magari la maglia rosa».

 

La squadra ha fatto le sue scelte. Il Tribunale di Padova ti ha assolto con formula piena dall’accusa di evasione fiscale per omessi redditi dal 2002 al 2007 e dal processo per doping a seguito della positività riscontrata alle Olimpiadi di Pechino dove avevi vinto la medaglia di bronzo. Nell’ambiente del ciclismo Rebellin va bene, ma fino ad un certo punto. Perché ad altri ciclisti sono state date seconde possibilità migliori?

«Io ho sempre insistito sulla mia innocenza cercando di andare fino in fondo lungo questa strada. Di sicuro questo ha condizionato l’ambiente. Ho avuto tante porte chiuse, ho ricominciato da squadre piccole, gare minori e sono ritornato a vincere».

 

Una positività però c’è stata. Hai dovuto restituire la medaglia d’argento al CIO. Non c’è qualcosa di strano? Non credi che la linea dell’innocenza finisca per farti più male che bene?

«Ho seguito la mia strada per fare chiarezza. La sentenza ha riportato un po’ di giustizia. La mia squalifica ormai l’ho pagata duramente e voglio finire la mia carriera a testa alta. Essere qui a fare risultati a 43 anni significa che devi aver avuto prima una vita regolata e sana in tutti i sensi».

 

Ti senti in pace con la tua coscienza?

«Sì. La sentenza ha dimostrato ed è servita anche a questo».

 

Cos’è il doping?

«Il mio doping è la bicicletta. Non riesco a rimanere senza bicicletta. Il dottore che mi ha visitato la spalla mi aveva prescritto tre settimane di riposo, ma dopo tre giorni ero già in bicicletta».

 

Nel documentario “Ultimo Chilometro” dichiari che c’era un Davide Rebellin prima dei fatti di Pechino che era solo bicicletta ed un Davide Rebellin dopo Pechino. Cosa è cambiato?

«Prima ero tutto centrato attorno alle gare ed agli allenamenti. Poi dopo la positività è cambiata anche la mia vita personale. Ho ritrovato il vero uomo che non è solo bici, ma una persona con dei sentimenti da esprimere come la rabbia, la gioia. Sentimenti che ti fanno essere più forte non solo mentre sei in gara. Prima subivo. Avevo tanta gente attorno perché andavo forte poi quando le cose non sono andate per il verso giusto non avevo più nessuno e ho dovuto reagire. Essere uomo in tutti i sensi».

 

Più valore umano quindi?

«Ho tirato fuori tante cose di me che erano nascoste e tenevo dentro. Ero chiuso, parlavo poco o parlavo solo di biciclette invece ora mi sento una persona più aperta che sa esprimere un suo pensiero».

 

Dove vuoi arrivare Davide?

«Non lo so, non mi pongo limiti. Magari sarà l’ultima stagione della mia carriera. Vedremo. Prima c’è ancora qualcosa da raccogliere».

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