Ratzinger e il collasso morale nella Chiesa
È bene ringraziarlo quando ogni tanto rompe il “voto” di silenzio dal suo eremo. Perché il suo sguardo (non quello fisico che è offuscato dagli anni) è ancora di aquila, che guarda oltre, che vede quello che è inevitabile che accada date certe premesse, e che vede anche i germi della speranza che possono maturare, se non li si distrugge prima che abbiano la possibilità di crescere. Pochi hanno quello sguardo. Un altro grande profeta, il filosofo e poeta russo Solov’ëv, lo aveva anch’egli lo sguardo da aquila. E a fine ‘800 scriveva nel testo intitolato l’Anticristo: «Verranno giorni che il cristianesimo sarà ridotto a pura azione umanitaria, nei vari campi dell’assistenza, della solidarietà, del filantropismo, della cultura. Il messaggio evangelico identificato nell’impegno al dialogo tra i popoli e le religioni, nella ricerca del benessere e del progresso, nell’esortazione a rispettare la natura… verranno giorni quando nella cristianità si tenderà a risolvere il Fatto salvifico – che non può essere accolto se non nell’atto difficile, coraggioso e razionale, di fede – in una serie di valori facilmente esitabili sui mercati mondani. Il cristianesimo ridotto a pura azione umanitaria nei vari campi dell’assistenza, della solidarietà, del filantropismo, della cultura».
Ogni commento è superfluo. In quei giorni ci siamo appieno. O almeno in parte. La Chiesa cattolica sta risalendo una difficile china. Nei primi secoli del cristianesimo, tutti intrisi di novità, c’era stata una valanga di menti poderose – Ireneo, Origene, Ambrogio, Agostino per dirne solo alcuni – che avevano instaurato un incontro con la cultura di allora, greca e romana, e l’avevano addirittura presa per mano e indirizzata su nuovi binari. Nell’epoca medioevale la teologia era la regina delle materie, e nelle università si sedeva in cattedra in dialogo con gli altri saperi. Poi con la Riforma e il successivo Concilio di Trento la Chiesa cattolica si è chiusa all’avanzare dei tempi. Si è impegnata vigorosamente a creare stupefacenti opere sociali (basti pensare alle realizzazioni caritative delle tante congregazioni religiose). Ma si è defilata dai luoghi nei quali si andava elaborando la cultura, dove si determinava il nuovo senso della condizione umana. Dopo il Concilio Vaticano II ha cercato di recuperare, la Chiesa. Ma ormai la cultura del mondo contemporaneo – la scienza, la filosofia, l’arte, il cinema, la moda, la tecnologia, la politica, l’economia… – aveva scelto i suoi percorsi, per nulla influenzati dal pensiero cristiano. Anzi a volte in netto contrasto con essi. I cattolici, la maggior parte, hanno poi deciso di rincorrerla la cosiddetta cultura laico-umanista. Altri cattolici hanno cercato di innalzare anacronistiche barriere. Ma ormai, per usare un’antica espressione contadina, i buoi erano scappati dalla stalla. Non ce n’era più per nessuno dei due schieramenti. Pure la morale comune – quella del popolo, non quella dei testi delle biblioteche religiose – aveva preso la sua strada. Anch’essa non influenzata dal pensiero cristiano, o influenzata in modo assolutamente marginale.
Ratzinger parla – nei suoi appunti inediti usciti in questi giorni e che saranno pubblicati dal mensile tedesco Klerusblatt – di collasso morale. Che ha influenzato tutta la Chiesa, i fedeli, la gerarchia, i seminari. E in questo collasso vede la causa remota dei guai che stanno affliggendo la cattolicità mondiale per gli scandali degli abusi sessuali. È un testo questo che merita una riflessione. E del quale non mi pare che sia bene riportarne stralci, nonostante nel giornalismo di oggi sia così in voga farlo. È meglio leggere la versione integrale. È un po’ lunga, ma non troppo. Il Corriere della Sera ne ha avuto l’esclusiva per l’Italia, e si può trovarla sul web oppure cliccando qui.