Rapporto montagne in Italia

Si presenta alla Camera  il rapporto "'Rapporto montagne Italia 2016, le istantanee di Alpi e Appennino", realizzato dalla Fondazione Montagne Italia e da Uncem. Una  mappa da cui partire per orientare le politiche pubbliche, l'utilizzo delle risorse europee e l'assetto istituzionale dei prossimi anni di un'area strategica del Paese  
montagne ansa

Luogo di sperimentazione e raccolta di politiche e buone pratiche, collettore di esperienze e modelli innovativi di governance, area dove si genera coesione fra tradizione e nuovi insediamenti, anche di stranieri, dinamica sociale e produttiva di ciò che sarà l'Italia tra dieci anni.


 

La fotografia della montagna italiana, scattata dalla Fondazione Montagne Italia nel secondo Rapporto Montagne Italia, è tutt'altro che sbiadita. La montagna oggi, “le montagne" oggi, sono il laboratorio che anticipa dinamiche che interesseranno l'intero Paese fra pochi anni in termini di sviluppo sostenibile e di sperimentazione delle modalità con le quali coniughiamo un nuovo modello di crescita. Lo dimostrano dati, numeri, schede, storie raccolte nel Rapporto che verrà presentato a Roma lunedì 18 luglio alle ore 15, presso l'Auletta dei Gruppi della Camera dei Deputati, Palazzo dei Gruppi (via Uffici del Vicario 21).


Nel pomeriggio di lunedì, dopo la presentazione del rapporto a cura di Luca Lo Bianco, Giampiero Lupatelli e Fabio Piacenti, interverranno i deputati Enrico Borghi, Roger De Menech ed Ermete Realacci, il viceministro Andrea Olivero (Politiche Agricole Alimentari e Forestali), i sottosegretari Gianclaudio Bressa (Affari regionali e Autonomie), Luigi Bobba (lavoro), Antonello Giacomelli (Sviluppo economico). Tavola rotonda con Fabrizio Barca, Sonia Cantoni (Fondazione Cariplo), Massimo Bruno (Enel), Giovanni Tenaggi (Confcooperative). Le conclusioni sono affidate ai Ministri Enrico Costa (Affari regionali e Autonomie) e Maurizio Martina (Politiche Agricole Alimentari e Forestali).

 


Come emerge dai numeri del Rapporto, in montagna assistiamo a due flussi di “ristrutturazione demografica” che verosimilmente si diffonderanno a breve sul territorio nazionale. "In primo luogo – evidenzia l'on. Enrico Borghi, presidente Uncem e presidente dell'Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della Montagna – un tendenziale invecchiamento della popolazione, fattore che può rappresentare anche una straordinaria risorsa se consideriamo la potenzialità di un segmento demografico che esce dal mercato del lavoro ma che ha di fronte a sè una prospettiva di vita ancora lunga. In secondo luogo, la progressiva presenza di immigrati che si stanno sostituendo, anche nei cicli produttivi di rilevante importanza, alla manodopera locale che manca ma che necessitano di gestione nei flussi e non di occasionalità".

 

 

A questi due aspetti si lega il tema della sostenibilità, che porta con sé la capacità di una comunità di fare delle scelte in rapporto alle proprie specificità. "Per questo motivo – prosegue Borghi – abbiamo voluto introdurre a livello sistemico nazionale un'esperienza interessante come la oil free zone nata nel Vanoi Primiero. La possibilità cioè di immaginare che le vallate montane siano anticipatrici di un percorso di progressiva emancipazione dal basso della logica che passa dal fossile alle energie rinnovabili. Le montagne italiane, insomma, sono uno straordinario laboratorio a cielo aperto di cosa potrà essere l'Italia tra dieci anni, perché lo sviluppo o sarà green o non sarà, e sarà green solo passando per l'impiego corretto delle risorse naturali montane e la riscrittura con le comunità locali del patto per il loro utilizzo ed impiego".

 

Un percorso che trova nella delega data al Governo per l'introduzione del pagamento di servizi ecosistemici ambientaliil suo completamento. In base a questa norma, infatti, il Governo dovrà emanare un decreto che stabilisca il valore ecologico ambientale ecosistemico dell'utilizzo dei beni collettivi. "Significa che acqua, aria, suolo, stoccaggio della CO2, valore ecosistemico del bosco – spiega Luca Lo Bianco, direttore della Fondazione Montagne Italia – diventano improvvisamente risorse quantificabili il valore del quale che deve essere reimpiegato per la tutela, la salvaguardia e la riproduzione del bene e che inevitabilmente porta con sé il tema della riorganizzazione della governance".

 

Altro settore nevralgico che emerge anche dai numeri del Rapporto è quello agricolo. "Abbiamo ottenuto – aggiunge l'on Borghi -un importante riconoscimento, quello della specificità dell'agricoltura di montagna nel quadro della nuova politica agricola montana, e lo stanziamento di risorse importanti per il periodo di programmazione 2014-2020, ma abbiamo adesso bisogno di finalizzare su questi aspetti le risorse che ci sono e le capacità di far fruttare investimenti e di creare infrastrutture adeguate, dando spazio ai giovani ritornanti ed eliminando sacche di burocrazia che ancora rendono troppo paludate le procedure di impiego dei fondi europei per la montagna e le aree rurali".

 

Il Rapporto Montagne Italia 2016 vuole essere lo strumento, la mappa da cui partire per orientare le politiche pubbliche, l'utilizzo delle risorse europee, l'assetto istituzionale dei prossimi anni, legandosi anche all'esperienza in atto della Strategia Nazionale per le Aree Interne varata da Governo, Parlamento e Regioni.

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