Rahul Gandhi presidente del Partito del Congresso

È il il sesto membro della famiglia Nehru-Gandhi a ricoprire il ruolo di Presidente del partito dopo il bisnonno Jawaharlal Nehru, primo leader politico dell’India indipendente
AP Photo/Ajit Solanki

Cambio di guardia alla testa del Partito del Congresso in India, il mitico Indian National Party, fondato ancora in epoca coloniale, che ha governato la più grande democrazia del mondo per la maggior parte dei settant’anni trascorsi dall’indipendenza. Rahul Gandhi è il sesto membro della famiglia Nehru-Gandhi a ricoprire il ruolo di Presidente del partito dopo il bisnonno Jawaharlal Nehru, primo leader politico dell’India indipendente, la nonna Indira Gandhi, donna di ferro capace di guidare un Paese di 600 milioni di indiani nel periodo turbolento fra la fine degli anni Sessanta ed il 1984, quando venne uccisa da una delle sue guardie del corpo. Alla Gandhi seguì Rajiv, il figlio pilota d’aerei che si trovò catapultato sulla scena politica nazionale proprio a causa della morte materna e, infine, Sonia, la moglie torinese di Rajiv, che negli anni Novanta venne scelta per guidare il partito del Congresso con grande sorpresa di tutti e che è stata capace di sopravvivere, come straniera perfettamente inserita nel complesso mondo dell’India fino a queste settimane.

Alla fine degli anni Settanta anche Sanjay, figlio minore di Indira morto nel 1980 in un misterioso incidente aereo, si era cimentato nel ruolo di Presidente del Partito attirandosi antipatie risultate, poi, dannose all’immagine politica della madre.

In India da sempre si parla del partito del Congresso come di una realtà appannaggio della dinastia Nehru-Gandhi, iniziata da Motilal Nehru, padre di Jawaharlal, e mai, di fatto, interrotta. Realtà senza dubbio difficile da capire quella del cosiddetto family raj, dinastia familiare appunto, che, comunque è comune, sia pure con diverse modalità, alle realtà politiche di tutti i Paesi del sub-continente indiano – Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka – dove la scena politica continua a vedere alcune famiglie al centro dei destini socio-politici delle diverse nazioni.

Il successo di Rahul, oggi quarantasettenne, era scontato. Si è trattato, infatti, dell’unico candidato per il ruolo di Presidente del Congresso. E’ un chiaro segno che, nonostante la cocente sconfitta subita qualche anno fa da parte dell’attuale Primo Ministro Narendra Modi e del suo Bharatya Janata Party, il Congresso non riesce a dissociarsi dai destini della famiglia Nehru. Rahul, figlio di Sonia e di Rajiv Gandhi, figlio di Indira morto anch’egli in un attentato perpetrato da guerriglieri tamil nel momento più cruento della guerra in Sri Lanka, dove l’India aveva giocato un ruolo tutt’altro che marginale, è il più giovane dei leader del partito del Congresso dopo il padre. A quarantasette anni offre una prospettiva di speranza per il futuro di un partito che, dopo aver guidato il Paese per due mandati legislativi, da alcuni anni si trova a vivere una profonda crisi di identità e di leadership di fronte alla spavalda linea politica di Modi e dei suoi collaboratori del BJP, capaci di costruire una nuova classe politica in un partito, di spirito nazionalista e fondamentalista indù, che aveva, a sua volta, sofferto una notevole crisi nei primi anni del nuovo millennio.

L’esperienza politica di Rahul non è stata facile. Visto come una seconda scelta, di fronte alla sorella maggiore Priyanka da tutti considerata la vera erede di Indira, ma mai veramente cimentatasi nell’agone della politica attiva, il giovane rampollo di casa Gandhi nei primi anni della sua avventura politica si è distinto per la sua incapacità di comunicare e di arrivare al cuore della gente. Di lui si parlava come di una persona priva della brillantezza che ha sempre distinto i Nehru-Gandhi e, soprattutto, incapace di articolare una linea politica chiara ed alternativa. Sebbene ancora lontano dalla capacità oratoria di Modi e della sua abilità a convincere, Rahul ha dimostrato negli ultimi tempi crescenti doti di riflessione politica capace di definire progressivamente una alternativa a Modi nelle prossime elezioni nello stato del Gujarat, dove l’attuale Primo Ministro indiano è nato ed ha regnato per anni come Chief Minister incontrastato.

Modi resta il protagonista incontrastato della scena politica indiana, ma la sua immagine di ‘leader invincibile’, quasi un ‘semi Dio’ proprio nello stato del Gujarat, mostrano i primi segni di crepe che potrebbero portare ad uno stato di crisi della sua linea politica, proprio in quelle che sono state le roccaforti attorno alle quali ha costruito la sua vittoria. Le scelte economiche, finanziarie e fiscali degli ultimi mesi –particolarmente quella della de-monetizzazione di cui abbiamo ampiamente parlato lo scorso anno anche noi su Città Nuova online – hanno avuto delle conseguenze inaspettate all’interno di alcune categorie importanti della società indiana: i poveri, innanzi tutto, che, sia pure nel panorama generale di una economia in costante crescita a livello mondiale, restano una percentuale eccezionale; gli anziani e i piccoli imprenditori, classe chiave nella vita socio-economica del secondo Paese del mondo in quanto a popolazione.

Sebbene, più politicamente maturo che in passato anche se ancora chiaramente all’inseguimento di un battistrada apparentemente invincibile, Rahul Gandhi sta mostrando di meritare questa nomina, anche nella logica del potere familiare che contraddistingue il suo Partito. Si tratta di vedere se, ora, sarà in grado di elaborare una linea politica capace di offrire una vera alternativa al BJP e al suo leader incontrastato Modi e di non cadere nelle trappole tese di tanto in tanto dalla maggioranza. Significativa quella della sua appartenenza religiosa: Rahul è cattolico o indù? La questione è tutt’altro che marginale in un Paese come l’India che, sebbene tollerante e laico – in contesto indiano significa trattare tutte le religioni nello stesso modo -, da anni è governato da un partito di chiaro stampo indù e fondamentalista.

Le sfide che Gandhi si trova ad affrontare non sono, quindi, poche. E qui entra in gioco la capacità endemica di questo Paese di sapersi costantemente rigenerare. L’impressione è che sia iniziato ancora una volta uno di questi processi.

 

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