Ragusa, apre e subito chiude il nuovo ospedale

Nel nuovo ospedale di Ragusa, ormai pronto per l'inaugurazione, vengono bloccati i trasferimenti a causa dell'inadeguatezza del nuovo stabile. Un segnale che il sistema sanitario regionale, soprattutto per quanto riguarda le nomine e le responsabilità dei manager, ha bisogno di essere rivisto.

Un ospedale nuovo di zecca. Un “monoblocco” appena fuori dalla città di Ragusa che dovrà diventare il cuore pulsante della sanità ragusana. E’ stato realizzato dopo decenni di attesa (i primi progetti negli anni 70, per un ospedale specialistico, poi, via via, la decisione di realizzare un’opera diversa). I lavori sono quasi conclusi, e si decide di intitolarlo a Giovanni Paolo II.

Sembrava una bella favola che stava per arrivare a lieto fine. Viene programmato il trasferimento dei reparti dal vecchio ospedale “Civile” e dal “Maria Paternò Arezzo”, il secondo ospedale cittadino, che è stato realizzato grazie alla donazione, nel secolo scorso, di una nobildonna ragusana morta nel terremoto di Messina del 1908. Il trasferimento dei reparti viene programmato secondo uno scadenzario preciso. Il 26 giugno, a trasferimenti conclusi, si dovrà tenere l’inaugurazione.

In realtà, accade qualcosa di diverso. I trasferimenti, già avviati, si bloccano. Molte cose non sono pronte, i reparti non possono funzionare. La Guardia di Finanza sequestra alcuni documenti, alcuni giorni dopo, con un provvedimento della Procura, si mettono i sigilli alle sale operatorie e ad altri locali. Mancano alcuni collaudi, alcuni impianti non sono a norma.

La sanità ragusana si blocca. Nel comune capoluogo non si effettuano ricoveri. Solo alcuni reparti rimangono in piedi al “Civile” e al “Maria Paternò Arezzo”. Gli ammalati vengono dirottati nei due ospedali di Vittoria e Modica e, in alcuni casi, qualcuno deve recarsi anche fuori provincia. I due nosocomi “scoppiano” e non riescono a far fronte ai bisogni.

Il 30 giugno, la decisione: si torna indietro. Al termine di un concitato vertice in Prefettura, presieduto dal Prefetto, Maria Carmela Librizzi, arriva la decisione di riportare indietro i reparti già trasferiti al nuovo ospedale. Iniziano i trasporti all’incontrario. Lunedì riapre il reparto di Ginecologia al Paternò Arezzo, si torna, pian piano, alla normalità. Ma con mille disservizi e difficoltà.

Ciò che è accaduto, però, non può passare inosservato. Il sindaco di Ragusa, Federico Piccitto, fa sentire la sua voce. Il 4 luglio, arriva la notizia: la Regione ha deciso di mandare tre ispettori per prendere in mano le redini della sanità ragusana e cercare di risolvere il guazzabuglio.

Ciò che è accaduto è inverosimile, ma è anche lo specchio di una situazione paradossale. La Sicilia appare, da tempo, in grave difficoltà. Alcuni processi non vengono più “governati”. Non è stato solo un errore. Tanti sapevano che gli ospedali non potevano essere trasferiti. La decisione di trasferire è stata assunta dal direttore generale Maurizio Aricò. Forse è il caso di interrogarsi: può accadere che un manager, uno solo, decida nonostante le opinioni diverse di tanti?

Qualcosa è da rivedere nel sistema complesso dei manager nominati dalla regione siciliana alla guida delle aziende sanitarie siciliane. Forse è un campanello d’allarme di un sistema che non funziona. E che deve essere rivisto.

Nel frattempo, nella rotazione degli incarichi e nelle nuove nomine commissariali decise una settimana fa, Maurizio Aricò è stato trasferito. Andrà a Palermo, a dirigere il prestigioso ospedale Villa Sofia – Cervello. Al suo posto, arriverà, da Agrigento, Luigi Ficarra. Che torverà un’eredità pesante e dovrà fare tanta fatica per ricominciare.

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