Rafal Blechacz
Roma, Accademia Nazionale Santa Cecilia.
È sempre una sorpresa un pianista immedesimato nelle musiche che esegue: è trasportato fuori dal tempo, e con lui il pubblico. Succede con Blechacz, 26 anni, polacco. Per quanto già in una carriera prestigiosa, mantiene l’incanto, si direbbe l’innamoramento, per ciò che interpreta. Ha eseguito brani dal Sette al Novecento: Nove Variazioni del giovane Mozart k. 264, L’Isle Joyeuse di Debussy, La Sonata n. 1 di Szymanowski. Ma il suo vero pezzo forte è Chopin. Inutile dire la bellezza della Ballata n. 1, delle due Polacche op. 26, delle Quattro Mazurche op. 41 e della Ballata n. 2. Chi le ha ascoltate una sola volta non si fermerà alle reminiscenze di danze popolari, ma ne scoprirà la varietà sentimentale, l’impeto del fuoco slavo di cui è capace il lirico Chopin. Vertice è stato il bis del Notturno che ha riassunto in sé la serata con una impalpabile poesia. Blechacz possiede una diteggiatura precisa, robusta, ma agilissima, non ha timori tecnici, anzi.
Eppure è nei momenti lirici che dà il meglio di sé, ricreando quell’atmosfera misteriosa e unica che solo la musica, fra le arti, sa creare. Da non perdere perciò le sue incisioni di Chopin.