Questi siamo noi?

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“Cara, io sto fuori già da un pezzo”. “Arrivo, comincia pure a mettere in moto la macchina”. Dialogo al citofono. Uno, due, cinque, dieci minuti… Finalmente la signora Rosa dà l’ultimo giro di chiave all’ultima serratura dell’ultimo portone. “Scusa, caro, ma – come fosse una novità – ho messo il fermo di sicurezza alle dieci finestre, le due porte e il portone. Sai, coi tempi che corrono…”. “I soliti tempi che da 40 anni non si sono ancora stancati di correre” pensa il marito. Appena nato le aveva sentite da altri. Il sig. Gustavo è noto per la sua pazienza sviluppata anche grazie alle attese a volte lunghe, a volte persino estenuanti, della moglie. La sig.ra Rosa appunto, che tra i geni ereditati dal patrimonio cromosomico dei genitori aveva anche quella sorta di mania che sin dal primo giorno di matrimonio fu il terzo inquilino di casa Mispavento. Inutile volerla aiutare (“Tu non chiudi bene”) o farle presente che dal palazzo a fianco dove si sarebbero recati a far visita ad un amico per una mezz’oretta avrebbero potuto tenere sotto controllo la situazione. Fu così anche quella volta che fecero un viaggio in Olanda. Si premurarono di trovare un posto al sicuro per la macchina e quando il proprietario dell’albergo insistette nel dire che non dovevano preoccuparsi, che nel paese dei mulini a vento non era come in Italia, sapete cosa disse la sig.ra Rosa: “E se passa un italiano?”. Già, gli italiani. Il Censis, l’Istat, il Centro Einaudi hanno cercato come ogni fine anno di tracciarne un quadro che ne esprima le caratteristiche. Tra i numerosi dati uno dà ragione alla sig.ra Rosa. Altro che gli effetti del terrorismo. Tra le paure degli abitanti del Belpaese, il primo posto è saldamente occupato dalla criminalità comune col 77 per cento della popolazione convinta che il numero dei reati in Italia sia aumentato. Nonostante i dati diffusi dal Viminale certifichino il contrario, i furti in casa sono temuti dal 66 per cento degli italiani; il 30 per cento ha l’incubo di subire scippi, borseggi, percosse e aggressioni, mentre uno su dieci è preoccupato per la propria macchina. Ma continuiamo a seguire i coniugi Mispavento che di motivi per spaventarsi sul “serio” ne trovavano sempre di nuovi. “Questa non ci voleva “. La famosa pazienza del sig. Gustavo stavolta è messa a dura prova. “Non riesco a trovare la carta di credito e adesso che non ho più una lira in tasca (era arrivato nel frattempo l’euro), non so più come fare”. “Ma dai, non esagerare, basta fare il conto. Basta per modo di dire, perché a dire il vero neanch’io so quanto vale un euro “. Così il buon Gustavo ancora una volta deve aspettare. Mica facile trovare subito chi sapesse che un euro equivale a 1936,27 lire. La situazione sopra descritta potrebbe capitare ad un italiano su tre. Tale infatti è la percentuale di persone che nel nostro paese non hanno ancora fissato in mente le 1936,27 lire che corrispondono ad un euro. E mentre l’86,5 per cento del campione intervistato dal Centro Einaudi sa dell’entrata in vigore della moneta unica dal 1° gennaio 2002, solo un italiano su quattro è fiducioso che tale novità non creerà problemi. Il nostro sig. Gustavo, a giudicare dalla sua affannosa ricerca della carta di credito, sembrerebbe invece far parte di quel restante 93,3 per cento che ci metterà un po’ a familiarizzare con la nuova moneta. Come lui più della metà delle famiglie pensa di affidarsi con più frequenza alla carta di credito o al bancomat. Almeno non occorre fare conti… Purché i coniugi Mispavento non vengano colti da malore se, andando a fare compere, scopriranno di essere rimasti non solo senza una lira in tasca ma anche senza un euro. A furia di non farli i conti… Ecco una bella notizia su un argomento che ha suscitato non pochi litigi fra la sig.ra Rosa e il sig. Gustavo. La parità fra uomini e donne. “Ci siamo quasi”, esclama la moglie. I dati non vanno proprio nel senso che lei intende, a dire il vero. Per la prima volta nella storia infatti, i due sessi hanno raggiunto un maggior equilibrio numerico di quanto non si sia mai riscontrato. Su 57.884.017 di italiani, 29.749.160 sono donne, 28.094.857 sono uomini. Così dice l’Istat. E tutti i maschi italiani sono cresciuti di statura con un aumento della media nazionale di 5 centimetri in 50 anni. Gli spilungoni poi, quelli che superano i 180 cm, nello stesso arco di tempo si sono triplicati di numero. “Come sarebbe stato bello sposare uno di questi, almeno non avrei dovuto prendere la scala per tante cose” pensa la sig.ra Rosa che si vede però confortata da un altro dato: gli anziani sono più arzilli e risultano molto utili in famiglia. L’aspettativa di vita è arrivata a 81,1 anni per le donne e 75,5 per gli uomini. Nella casa di fronte assistiamo ad un’altra scena. Nella famiglia Beninvesto l’ennesima discussione. Fra i componenti alcuni tendono al risparmio, altri decisamente hanno come motto quel “carpe diem” che tradotto in concreto vuol dire in questo caso: “Meglio comprare oggi ciò che non puoi acquistare domani”. Quelli che fanno parte di questa “fazione”, informatisi sulle tendenze degli italiani, sostengono che secondo il Censis vi è una forte spinta all’acquisto di beni durevoli sempre più sofisticati. In particolare si tende ad un rapido ricambio dei prodotti ad alto contenuto tecnologico. Dunque niente preoccupazioni. “Non saremo i soli indebitati ” esclamano Giorgio e Roberta, i due figli che hanno appena cambiato i loro telefonini. Anche papà Sergio tira un sospiro di sollievo non sentendosi più “solo” (sua era stata l’idea della terza casa, quella in montagna dopo quella in città e al mare). Mamma Elena e l’altra figlia, Federica – della fazione risparmiatori – devono arrendersi. Ormai la tendenza più diffusa è quella. Tra la new economy e l’11 settembre anche gli italiani si sono allontanati da Piazza Affari e piuttosto che depositare o investire i loro soldi preferiscono spenderli. Siamo passati infatti dal 17,2 per cento di introiti che nel ’97 venivano messi da parte all’11,7 per cento. Unisci la filosofia del “non rinunciare a nulla” alla paura dei nuovi scenari economici ed il risultato è questo: il 25 per cento dei nuclei familiari ha un debito nei confronti di una banca. Solo ombre dunque? No. Luca Cipensoio è uno dei 630 mila dipendenti del non profit. Ci tiene a raccontare ai suoi amici che il suo è un settore in crescita che può contare su 221.412 mila associazioni, 3.008 fondazioni, 4.651 cooperative sociali di cui oltre la metà è nata nei soli ultimi dieci anni. Nel gruppo c’è pure Laura Buonavolontà. Lavora in fabbrica ed è contenta di un dato rilevato dal Censis: la conflittualità sia economica che sociale è in declino con un calo notevole delle ore perse per conflitti di lavoro. 78 milioni quelle nel quinquennio 81/’85 che si sono ridotte a 7,7 milioni tra il ’96 e il 2000. Insomma, secondo i dati raccolti, risulteremmo così. E voi, in quale italiano vi ritrovate?

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