Quest’anno niente funghi

I cambiamenti climatici stanno cambiando la nostra vita, anche nel quotidiano. E non è che un piccolo assaggio di quello che dovremo subire nei prossimi decenni

Ognuno ne ha fatto le spese, in un modo o nell’altro, dei cambiamenti climatici. Quest’anno, dopo la pandemia e l’Ucraina, ecco che ci si è messa la siccità con il suo corteo di incendi e, poi, le inondazioni. Abito a Firenze, purtroppo città tra le più calde d’Italia. Quest’anno abbiamo avuto un paio di mesi, anzi due mesi e mezzo, in cui il termometro ha flirtato quasi costantemente con quei livelli che credevamo destinati solo a regioni lontane verso sud, come il Maghreb o addirittura la Penisola arabica. Vedere il termometro superare regolarmente i 35 gradi, e talvolta toccare pure i 40-42 gradi, non può lasciare indenni, obbligandoci a cambiare le abitudini di vita: passeggiate cittadine solo la mattina, tra le 6 e le 8, poi l’afa diventa insopportabile; consumo limitato il più possibile di acqua per le abluzioni mattinali e per lavare l’insalata; rinunciare a innaffiare le piante, anche perché c’è una direttiva comunale al proposito, con multa di 400 euro allegata, e quindi obbligarsi a osservare lo spettacolo dei vasi di fiori che appassiscono; nemmeno il basilico è riuscito a venir su bello, verde e profumato, la salvia ha resistito un po’ meglio, meno la menta, il prezzemolo è sparito dal vaso apposito in terrazza.

Foto: Ap

Finalmente arrivano le vacanze, in montagna ovviamente, al fresco, con la prospettiva di godersi le notti ricoperti da un plaid, un vero lusso dimenticato! Ma, grande disillusione: quest’anno, per la siccità che non ha risparmiato le nostre belle montagne alpine, il sottobosco sembra un campo di paglia, il verde resta solo quello degli abeti e dei larici, mentre altre essenze hanno tinto di macchie rosse il paesaggio dei pendii al di sopra dei 1500 metri, spettacolo mai visto in agosto. E, soprattutto, niente funghi, nessunissimo – tranne due o tre striminziti Boletus Elegans, quei funghetti arancioni che spuntano anche nel deserto, o quasi −; di finferli, prataioli, russule e soprattutto porcini neanche l’ombra. E allora niente più pasta ai funghi con gli amici, niente cappelloni impanati, niente trifolata di galletti, ma un semplice ragù alla bolognese. E nessun fungo seccato per i risotti invernali, neanche un vasetto da regalare a mamma.

Altro grave inconveniente montanaro, ma su questo ne eravamo già al corrente, i sentieri inaccessibili, in particolare niente ghiacciai. E nemmeno avvicinamento alla massa blu, per il pericolo di cadute sassi o peggio. Quindi gite meno elevate, salvo su quelle cime che, solitamente coperte di neve perenne, si sono completamente denudate quest’anno, permettendo comunque qualche bella sgambata in altitudine.

lago di Garda. Foto: Ap

Il ritorno, poi. Tutto bene, un po’ di rimpianto per le belle dormite, finché sull’autostrada padana torna la nebbia, strano non è la stagione… No, è il fumo di un incendio per la solita dabbenaggine di un autista scriteriato che ha gettato la cicca al bordo della strada: due ore di stop. Al caldo. Con acqua razionata e pensieri rammolliti, non si riesce nemmeno a leggere. Passato l’Appennino, ecco verso Lucca un acquazzone che ben presto si rivela un esercizio di surf su asfalto, esperienza elettrizzante per uno sport sconosciuto. Salvo che poi la pioggia muta in ghiaccio, pezzi da tre-quattro centimetri di diametro, meno male che il parabrezza ha resistito, e che la carrozzeria ha avuto solo tre o quattro ammaccature.

Torno verso casa, dai, faccio un salto in chiesa, l’estate è servita per riprendere un po’ di tono spirituale, meglio non perderlo subito. E che ti trovo? La mia chiesa scoperchiata, il suo bel tetto color del bronzo divelto per la metà della sua superficie. Pregare si può anche fuori dalla chiesa, non c’è problema, ma quest’anno il pensiero non può non andare al nostro Creato la cui cura è stata vituperata per decenni dalla nostra selvaggia sete di benessere.

Cosa ci riserverà l’inverno?

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