Quelle voci dall’Africa
Ascoltare voci lontane veicolate da un cellulare satellitare in un convegno scientifico sanitario non è normalità. Ma evidentemente nel nostro caso il collegamento era necessario per capire quanto una in fondo modesta azione organizzata in un angolo di Occidente da uomini e donne di buona volontà potesse avere conseguenze straordinarie – in termini di vite umane, di ricerca e perché no di solidarietà internaziona- le – in un lembo di foresta tropicale, quella di Fontem, nel Camerun anglofono. Nella giornata dedicata alla lotta contro i tumori, il convegno Interdipendenza sanitaria e carcinoma della cervice. Una prospettiva – organizzato dall’Amu (Azione Mondo Unito, Ong dei Focolari) con il patrocinio della Regione Toscana -, ha messo sotto i riflettori uno dei tanti ponti che legano il Nord e il Sud del mondo in una prospettiva di interdipendenza. In effetti anche il mondo sanitario deve affrontare quelle nuove frontiere che fanno passare dalla disuguaglianza sanitaria a forme di collaborazione diretta. In soldoni, qui da noi si guarisce e si fa ricerca, mentre lì si muore anche quando con poco si potrebbe sopravvivere. Al richiamo hanno risposto esponenti del mondo medico – tra gli altri vanno segnalati i contributi dei professori Scambia, Cornia, Leke, Caretta -, ma anche politici, opinion maker e operatori del volontariato. Ma in cosa consiste quest’azione promossa dall’Amu? Il carcinoma della cervice è una forma tumorale ormai quasi debellata in Occidente, essendo di origine chiaramente identificata e curabile anche in lungo periodo, grazie soprattutto a un vaccino che previene le forme del virus Hpv (responsabile della malattia) più comuni in Europa. In Africa, invece, le donne muoiono ancora con grande facilità a causa di questo virus. E pensare che basterebbero dei semplicissimi pap-test per ridurre di molto la falcidia di tale sindrome. Laura Falchi, dell’Amu di Firenze, è tra i promotori dell’iniziativa. Quali gli obiettivi di quest’azione congiunta con l’ospedale Maria Salute dell’Africa di Fontem? Innanzitutto sottolineare l’aspetto della interdipendenza sanitaria come dimensione della salute collettiva. In secondo luogo sostenere l’importanza di un lavoro collegiale, interdisciplinare e interprofessionale, in un contesto di salute internazionale. Terzo, incoraggiare una cultura che consideri la sanità sì in termini di efficacia e di economia, ma con la prospettiva dell’umanità totale. Concretamente che vuol dire? Questa azione favorisce la creazione di reti fra strutture sanitarie, enti pubblici e privati per promuovere e sostenere sviluppo e insediamento di attività cliniche appropriate in contesti svantaggiati, come a Fontem, avvalendosi delle tecnologie appropriate . Dietro a tutto ciò c’è, immagino, una precisa filosofia di lavoro: Per promuovere la salute in uno scenario globale – mi precisa Laura Falchi – è importante valutare le capacità più che le carenze del luogo, considerare ognuno come soggetto sociale attivo. In questi termini la cooperazione internazionale si presenta come il mezzo per attuare l’interdipendenza sanitaria creando rapporti diretti fra Stati lontani tra loro. La Regione Toscana ha deciso di sostenere tale iniziativa. Gli assessori Enrico Rossi (diritto alla salute) e Massimo Toschi (cooperazione internazionale) così giustificano la loro decisione: La scelta dell’ospedale di Fontem e del dispensario di Fonjumetaw per questo tipo di intervento è dovuta a un duplice motivo. Il primo è di carattere sanitario: in Camerun, circa 14 milioni di abitanti con il 40 per cento della popolazione sotto la soglia di povertà, l’aspettativa di vita è di appena 54 anni. Per le donne uno dei maggiori killer è proprio il tumore ginecologico, di cui il 70 per cento è rappresentato dal cancro del collo dell’utero. La seconda ragione – continuano Rossi e Toschi – è data dalla presenza dell’ospedale di Fontem e del dispensario di Fonjumetaw, che costituiscono due presidi sanitari ad alto livello assistenziale, creati dai Focolari. L’ospedale dispone oggi di 115 posti letto e cura ogni anno circa 30 mila persone. Il dispensario di Fonjumetaw ha 13 posti letto e dispone di un reparto maternità e di un ambulatorio per pazienti esterni. Tuttavia manca ancora nei due presidi uno spazio specifico per le patologie tumorali e spesso queste patologie vengono scoperte soltanto quando lo stadio è avanzato, se non terminale. A Fontem qualcosa si muove, e i risultati stanno arrivando rapidamente. Tante mamme non muoiono e non moriranno più.