Quella sera di Pasqua
Due uomini camminavano da Gerusalemme a Emmaus quella sera. Erano discepoli di Gesù. Milioni di uomini camminano sulle strade del mondo: sono discepoli di Gesù. “Speravamo”, dicevano i due. “Speravamo”, dicono i milioni. Tutti tristi. Fermi al venerdì. Hanno lasciato il Maestro appeso sulla croce, gli hanno voltato le spalle, senza schiodarlo e se ne sono andati. “Speravamo”.
Non si rendono conto che c'è un numero immenso di persone su quella croce: vittime della guerra, donne sfruttate, feti abortiti, persone annegate in mare nella disperata speranza di una vita migliore, giovani bruciati dalla droga, anziani abbandonati… Quei discepoli se ne stanno andando ciechi.
Un uomo entra fra loro, intrigante, disturba la loro triste delusione nella quale si sono adagiati. Li sveglia alla realtà, mostra loro quelli che stanno sulla croce insieme con lui, suoi fratelli, loro fratelli. Li invita a uscire dall'ipnosi, a ritrovare sé stessi contemplando i crocefissi.
Ascoltano le sue parole di vita in quello scenario di morte. Parla di un amore che l'ha inchiodato sulla croce per schiodare tutti i suoi fratelli. Che questa è la legge della vita: «Non c'è amore più grande di quello di colui che dà la vita per i suoi amici». E afferma che questo lo fa vivo: è passato dalla morte alla vita perché ama i fratelli. Era morto ed è risorto, così.
I due aprono gli occhi del cuore. Quei crocefissi sono la promessa della vita nuova, la carne che rende feconda la terra dell'umanità. Non più sconfitti, ma lievito per sollevare la massa pesante. Con loro anche i milioni, se camminano con quell'uomo sulle loro strade, lasciando che le sue parole li risveglino dal sonno dello sconforto e dei luoghi comuni e indirizzino il loro sguardo ai crocefissi.
Buona Pasqua!