Quella copertina su Haiti

Non posso dimenticare il volto di quel bambino estratto dalle macerie...

Spontaneamente, dopo il devastante terremoto di Haiti, ho fissato per iscritto quanto trovate qui di seguito. Ho pensato di mandarvi questa mia impressione dopo aver visto l’immagine sulla copertina di Città nuova del 25 gennaio. In tutta libertà potete anche correggere o non prendere in considerazione lo scritto. Grazie per il vostro lavoro. Con gioia leggiamo e cerchiamo di diffondere la nostra rivista.

 

Non posso dimenticare il volto di quel bambino estratto dalle macerie di Haiti, forse di poco più di un anno. Il suo esile corpicino rivestito da un body era avvolto dalle mani robuste del soccorritore, visibilmente fiero di averlo fra le mani. La schiena diritta, le braccia aperte, il volto pallido, quasi trasparente, di una bellezza incomparabile, gli occhi di una limpidezza unica, che guardavano attorno attoniti, ma non smarriti, senza un lamento, una reazione, una domanda. Sembrava si fosse destato da un lungo sonno. 

 

Quel bimbo simile ad una goccia d’acqua pura scaturita dal buio di una roccia, per me portava un nome: era il Nulla. Niente pensieri, niente paura, niente forze, niente lamenti, dignitoso, soave, gridava con il suo essere fragile la purezza, l’abbandono totale ad una vita che l’accoglieva di nuovo per le mani di coloro che da giorni, instancabilmente scavano sotto le macerie, uomini eroici, che ora se lo passavano l’ uno l’altro come una fogliolina leggera, ripagati – forse per un breve momento – da una vita salvata. Per un attimo il bimbo ha spazzato via la loro dura fatica, spronandoli a nuovi sacrifici e pericoli.

 

Quel bimbo esprimeva la creazione appena uscita dalle mani di Dio, incontaminata, una creazione che lasciava dietro di sé il mistero di quella devastazione, del caos di un evento veramente ineluttabile?

Oh sì, poteva essere evitato se l’ingordigia ed il potere dell’uomo avessero lasciato posto alle scoperte straordinarie dell’uomo di prevedere gli scherzi della natura e trovare i mezzi per evitare il peggio.

 

Perché siamo ancora così lontani dal sentirci una sola famiglia, dalla comunione di esperienze le più varie, dalla condivisione delle possibilità che il genio umano ha raggiunto con il dono della scienza?

Ci vorrà ancora del tempo per raggiungere questo traguardo. Oggi lodo Dio per gli infiniti atti d’amore eroici che numerosi volontari hanno affrontato, per tutti quei cuori che nel mondo si sono mossi con generosità, per quella semplice parola“grazie” che tocca le fibre sensibili dell’anima e fa scorrere lacrime di commozione, pronunciata da chi dopo magari 10 giorni da incubo, rivede la luce.

 

Maria Pia Di Giacomo

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