Quel che resta della Stella Polare
Tra il 1899 e il 1900 l’Italia tutta era in fermento per la spedizione polare organizzata e condotta da Luigi Amedeo di Savoia, il nipote del re e Duca degli Abruzzi: «pilota d’eroi», come lo chiamò Pascoli che a lui dedicò un retorico Inno, e futuro scalatore del Ruwenzori e del Karakorum. Fermento mantenuto vivo dai giornali dell’epoca, le cui cronache erano puntualmente percorse dalla grande domanda: riusciranno gli audaci esploratori a raggiungere, primi al mondo, il Polo Nord, superando il limite toccato da Nansen? La partenza avvenne il 12 giugno 1899 da Cristiania (l’attuale Oslo) a bordo della Stella Polare, un’ex baleniera adibita alla caccia alle foche e già utilizzata dai famosi esploratori Nansen e Larsen, che il Duca aveva acquistato in Norvegia, attrezzandola a goletta. Con lui erano il capitano di corvetta Umberto Cagni, il medico di bordo Achille Cavalli-Molinelli e un equipaggio formato in prevalenza da norvegesi. L’impresa fu coronata da successo, anche per la documentazione scientifica e topografica riportata, malgrado il mancato raggiungimento del Polo Nord: la “Stella Polare”, infatti, rimase imprigionata dai ghiacci nella baia di Teplitz (arcipelago Francesco Giuseppe) e il Duca bloccato da un infortunio; furono invece i suoi uomini, proseguendo in slitta, a toccare il 25 aprile 1900 gli 86° 34’ 49’’ di latitudine artica, superando di 35 chilometri il record conseguito precedentemente da Nansen.
L’entusiasmo per il risultato ottenuto fu tuttavia freddato dalla perdita di tre membri dell’equipaggio andati dispersi, due italiani e un norvegese: il terzo ufficiale Francesco Querini, la guida valdostana Felice Ollier e il primo macchinista Henryk Alfred Stökken. E più ancora dalla notizia, appresa sulla via del ritorno, dell’assassinio di re Umberto I, avvenuto il 29 luglio ad opera di un anarchico.
Dopo il rientro in Italia della malconcia “Stella polare” (gennaio 1901), il Duca ne fece dono alla Marina militare, che però non seppe che farsene. Poteva essere trasformata in museo, alla stregua di altre navi famose, invece finì distrutta da un incendio nell’Arsenale di La Spezia dove si trovava in disarmo. Solo alcune parti, tra cui la poppa, vennero salvate, confluendo nel prestigioso Museo tecnico navale spezzino. Purtroppo i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale finirono per distruggere, fra altri preziosi reperti, anche quelle ultime reliquie, come pure tutta la documentazione relativa alla nave. A testimoniare la spedizione polare del Duca degli Abruzzi rimangono oggi, nel rinato Museo, soltanto un modellino della “Stella Polare” e numerosi attrezzi di bordo.
Reperti vari si trovano anche presso il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano e presso il Museo della Montagna di Torino intitolato al Duca. Altri, rinvenuti nel luogo dove svernarono i membri dell’equipaggio, sono custoditi presso il Museo Polare di Fermo “Silvio Zavatti”, dove un diorama riproduce il loro accampamento con la tenda, la slitta e il sacco-letto usati dal Cavalli-Molinelli.
Della “Stella Polare” non mancano modellini sparsi qua e là. Non sempre precisi, per la verità, come quello esistente nel citato Museo milanese. Una sua perfetta riproduzione in scala 1/60 (lunghezza originaria 48,50 metri) forma invece l’orgoglio di quel gioiellino che è “Il Sestante”, Museo di storia e architettura navale di Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia. Ne è autore il milanese Franco Rovida, un appassionato di navigazione con alle spalle mezzo secolo di attività modellistica. Realizzato interamente in legno, questo modello lungo due metri è costato circa due anni di lavoro certosino per un totale di 2200 ore, di cui almeno 500 servite per studiare la sistemazione dell’arredamento interno dei ponti, degli alloggi e dello stivaggio di tutto il materiale occorrente alla spedizione, comprese le 10 scialuppe, le 13 slitte, i kajak e le gabbie dei cani. Alcune sezioni sono aperte per lasciar vedere questi particolari riprodotti da Rovida e collaboratori come l’amico Sergio Moroni, autore delle 350 casse in miniatura che contenevano i viveri, gli strumenti e le attrezzature di bordo, e sua moglie, che ha tagliato e cucito tutte le vele.
Nell’estate 2016 la mitica goletta è tornata a far parlare di sé grazie all’iniziativa di “Hachette modellismo” in vendita nelle edicole: un’opera a fascicoli con le istruzioni per riprodurla in un grande modello in scala 1/60, insieme alle dispense da raccogliere in libro del resoconto ufficiale La Stella Polare nel mare Artico apparso nel 1903 per i tipi di Hoepli.
Dal 1965 un altro veliero interamente in legno percorre i mari col nome glorioso di “Stella Polare”: la seconda nave della Marina militare italiana, dopo la magnifica “Amerigo Vespucci”, destinata anch’essa a scuola per i giovani ufficiali.