Quel piccolo rompicollo di un Jef

Il cielo è sceso a Molokai. A puntate da oggi la vita di padre Damiano de Veuster, missionario, portatore di speranza tra i lebbrosi, che verrà canonizzato l'11 ottobre.

Nacque che non avevano ancora deciso come chiamarlo. Ed ora papa Francesco azzardava un nome e, pronta, la mamma gliene contrapponeva subito un altro. Aveva appena partorito, ed eccola lì, l’Anna Caterina, a giocar di schermaglie col marito. E dire che non era più una giovincella; quello era il settimo figlio che metteva al mondo. D’altronde non sarebbe stato neppur l’ultimo. C’era ancora in vista una bimbetta.

Leonzio, Eugenia, Paolina, Gerardo, Augusto e un batuffolino biondo di ragazzina alto una spanna, tutti attorno al grande letto, i fratellini e le sorelline del nuovo venuto, con gli occhioni brillanti d’ammirazione per quel musetto paonazzo che sbucava dalle coperte, e le boccucce spalancate di sorpresa per quell’inusitata allegria dei genitori. Un’allegria tanto contagiosa da coinvolgere ben presto loro stessi nella singolar tenzone con strilli e bèrci di consenso o di diniego.

 

Finché s’apri l’uscio di casa e, imbacuccato fino alle orecchie, scrollandosi il nevischio di dosso, salì nella stanza il cugino Giacomo Goovaerts.

«Giusto te! – l’abbracciò il babbo –. Ci occorreva appunto un giudice nella contesa e un padrino per il marmocchio».

«E come no, eccomi qui! – fece quello, ricambiando l’abbraccio di Francesco con un paio di pacche sulle spalle –. Ma a un patto, però».

«Oggi tutto quello che vuoi!».   «Che lo mettiate sotto la protezione della Sacra Famiglia e lo chiamiate Giuseppe».

«Bel giudice sei!», sbottò a ridere il babbo. E il patto fu siglato dall’approvazione generale.

Così, lo stesso giorno ch’era nato a “La Ninde” – il 3 gennaio 1840 –, il figlioletto numero sette di Francesco de Veuster e di Anna Caterina Wauters fu portato a Tremeloo, nel biancore frizzante della neve, e in quella chiesetta ricevette il sacramento del battesimo e il nome di Giuseppe.

Da quel momento, per tutti in casa e per la gente dei paraggi, si chiamò “Jef”.

 

Continua…

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