Quel fiume Bidasoa

L’attenzione dei media internazionali è posta sulle migrazioni che dall’Africa giungono in Europa attraverso l’Italia ola Grecia. Ma c’è anche la Spagna…

 

Il fiume Bidasoa segna la frontiera naturale tra la Francia e la Spagna, in quella curva delle spiagge atlantiche in cui i due Paesi s’incontrano. Dal lato francese c’è la città di Hendaye, sui 16 mila abitanti; dal lato spagnolo ci sono invece due comuni, Hondarribia e Irún, formano un nucleo urbano di oltre 76 mila persone. Quattro ponti collegano Irún e Hendaye, due di loro ferroviari, e servono agli abitanti di ambedue i lati per andar al lavoro, far le spese, o semplicemente cambiare di spiaggia. Il transito di persone da un Paese all’altro è libero, non ci sono punti di controllo doganali. In realtà, si potrebbe parlare di un’unica città cresciuta sui due lati della frontiera, divisa dal fiume e unita dai ponti.

Fu proprio qui, nella stazione ferroviaria di Hendaye, che nell’ottobre 1940 ebbe luogo quel colloquio tra Franco e Hitler dove i due dittatori cercarono di arrivare ad accordi bellici e politici. Ma l’incontro non ebbe successo e i ponti di allora non dovettero consentire l’avanzamento del nazismo nella penisola iberica. Certo, il Bidasoa, nome di frontiera, è stato testimone di molti eventi storici. Oggi, come in altri tempi di guerra, i protagonisti degli eventi sono i migranti, ma questa volta non sono spagnoli né francesi, sono africani.

Quasi ogni giorno sulle spiagge del Sud della Spagna sbarcano gommoni e altre imbarcazioni cariche di africani di ogni nazionalità. Nei primi sette mesi del 2018 quasi 21 mila migranti hanno raggiunto le coste spagnole provenienti dalle coste marocchine e algerine. Le cifre dicono che si tratta del 30-40% dell’immigrazione irregolare che attraversa il Mediterraneo. Ma la maggioranza di queste persone non arrivano per restare in Spagna, perché in realtà hanno in mente di proseguire viaggio verso il Centro e il Nord dell’Europa, se riescono a superare gli ostacoli che le diverse politiche migratorie pongono sulla via del loro esodo. Una dinamica migratoria simile a quella che si svolge dall’Italia e dalla Grecia.

Il ponte di Santiago, quello che unisce Irún e Hendaye, per gli africani è un grave ostacolo. Dal lato francese c’è sempre qualche poliziotto che con un semplice gesto indica loro di tornare indietro. Ma attraversare il Bidasoa, dopo aver superato le acque dello Stretto di Gibilterra, non è certo un gran che: non è facile per gli africani (ma nemmeno per gli europei) capire le manovre politiche dei governi europei, talora acquiescenti con gli immigranti, talaltra pronti a respingerli. Si ricordi, ad esempio, il caso della nave Aquarius ricevuta quasi con onori civili al porto di Valencia, mentre poi, poche settimane dopo, oltre cento immigranti sono stati riportati in Marocco dopo aver superato con la violenza la Valla di Melilla, il recinto che circonda la cittadina spagnola sulla costa del Marocco.

Esistono però delle associazioni ai due lati del Bidasoa che lavorano alacremente in favore degli immigranti. È il caso della francese Sos Racisme (http://www.sosracisme.org) e dell’omologa spagnola Sos Racismo (http://www.sosracismo.org), due organizzazioni sorte alla fine degli ’80 che mirano a combattere l’avanzamento dei movimenti razzisti e xenofobi. Insieme ad altre ong, anche i soci di Sos Racismo stanno collaborando nell’attenzione agli immigranti che arrivano a Irún. Per questi volontari la cosa è chiara: dietro al rifiuto degli immigrati non c’è altro che un atteggiamento razzista. «Dove è finita la rivoluzionaria “fraternitè”?», si chiedono dal lato francese.

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