Quel che distrugge e quel che costruisce
Abbiamo vissuto settimane impegnative per tutti coloro che credono in un mondo non solo più globalizzato, ma soprattutto più solidale, fraterno e pacifico: più unito. Abbiamo colto, forse più che in altri momenti, quel che distrugge e quel che costruisce.
Che la stupidità umana non abbia limiti lo ha dimostrato la pubblicazione online dello squallido filmetto L’innocenza dei musulmani, che senza rispetto prende in giro il Profeta Muhammad. Le violente reazioni al filmetto hanno spinto non pochi leader a prendere le distanze da quelle provocazioni. Per tutte basti la dichiarazione di Hillary Clinton, che l’ha definito «video disgustoso e riprovevole».
Distrugge nel contempo la violenza scatenata dalle fazioni fondamentaliste come reazione al filmetto. Le capitali del mondo musulmano, ma non solo, sono state accompagnate da manifestazioni soprattutto contro le ambasciate statunitensi che hanno provocato una dozzina di morti, il più illustre dei quali è Craig Stevens, ambasciatore Usa a Tripoli. Preoccupa la crescita numerica dei salafiti che, dopo la presa del potere in numerosi Stati arabi da parte dei Fratelli musulmani, canalizzano le tensioni fondamentaliste creando non poche difficoltà a tutti coloro che hanno creduto in una “primavera araba” indirizzata verso la libertà e il rispetto dei diritti umani.
Ma non sono mancati i segni di speranza, quelli che costruiscono la convivenza civile. Nello stesso mondo arabo e musulmano si è manifestato chi, pur stigmatizzando il video dello scandalo, ha nel contempo evidenziato l’inutilità e la gravità delle conseguenti violenze: per tutti, mi piace riportare le parole di Kamel Layachi, noto imam del Triveneto: «I musulmani di tutto il mondo sono chiamati a controllare la loro rabbia. Dobbiamo trovare la forza di reagire con la giusta misura e saggezza e di non rispondere al male con un male più grande».
Costruiscono la pace anche manifestazioni come l’ormai consueto appuntamento annuale di dialogo ecumenico e interreligioso, sempre più “politico”, proposto dalla Comunità di Sant’Egidio, che quest’anno s’è svolto a Sarajevo. Non solo i leader politici e religiosi, ma pure l’opinione pubblica, vedono crescere in loro la convinzione che mettersi attorno a un tavolo è sempre meglio che spararsi. Quest’anno è venuto in rilievo lo scacchiere balcanico, in cui è stata ed è ancora sottoposta a dura prova la convivenza pacifica “all’europea”: nei Balcani sono presenti in effetti tutte le Chiese cristiane, c’è una forte presenza musulmana, le etnie si intersecano, l’Oriente è vicino e così l’Occidente.
Un altro incrocio delle tensioni mondiali è venuto in luce: il Libano, forse l’esempio più straordinario di convivenza tra popoli, etnie, culture e religioni. Una terra a contatto con Paesi come Siria e Israele che stanno vivendo momenti cruciali della loro esistenza. Benedetto XVI ha avuto il coraggio di visitare questo luogo di dialogo per eccellenza, spargendo ovunque parole di comprensione, tolleranza e pace: ha invitato musulmani e cristiani a unirsi non solo mantenendo il minimo comune denominatore della tolleranza, ma promuovendo il massimo comune multiplo della pace. In una terra come il Medio Oriente, in cui passione ed emotività sono parte importante del fattore umano, le parole e i gesti del papa hanno dato una forte speranza che si spera contagiosa.