Quel Sindaco di rione Sanità sempre attuale
“Benchè povera, la morte fa cessare ogni male morale”. La frase è tratta dal Riccardo II di Shakespeare. È con questa citazione che si avvia il racconto del protagonista de “Il sindaco del Rione Sanità”, Antonio Barracano. Siamo nel mondo di Eduardo De Filippo. La messinscena di Marco Sciaccaluga è un lungo flashback, col protagonista già morto, seduto in penombra, che snocciola parole ed esce subito di scena dopo aver pronunciato la frase shakespeariana. Ed ecco la lunga scena, pressoché muta, dell’inizio, che vede schierati tutti i personaggi seduti frontalmente e alzarsi uno ad uno.
Nella penombra che precede l’alba si assiste alla trasformazione di una stanza della casa del sindaco in una camera operatoria, dove il medico di fiducia del sindaco camorrista, toglierà un proiettile dalla gamba di un guappo ferito. Prendendo le distanze dalla trappola dell’imitazione eduardiana, Sciaccaluga riesce nell’intento di universalizzare “Il sindaco del Rione Sanità” conferendogli nell’impasto di commedia e dramma, una dimensione esplicitamente tragica. Perché questa commedia si può trasferire ovunque esiste una situazione di criminalità organizzata. E le vicende italiche non smettono mai di offrire spunti di attualità estendibili dal Sud al Nord.
Saggio e ignorante a un tempo, orgoglioso di un passato d’illegalità e sempre in polemica con colui che gli serve da coscienza, l’amico Fabio Della Ragione – medico clandestino che da anni lo assiste sacrificando la sua carriera, qui interpretato dal bravissimo Federico Vanni -, il sindaco del titolo, con un’autorità garantita da un passato di apparente innocenza davanti alla legge, amministra l’intero rione secondo principi pacifici e il più possibile oggettivi, ma al di sopra e al di fuori della giustizia ufficiale. Mosso a fin di bene – questo il fascino sinistro del personaggio – per bloccare la catena di vendette, si è guadagnato il carisma di giudice che risolve i contrasti, anche quelli degenerati in sparatorie, ascoltando i contendenti e pacificandoli. Fra i casi sottopostigli, incappa nell’odio viscerale tra un padre e un figlio, divisi da interessi e incomunicabilità, col secondo intenzionato a uccidere il genitore. Ma l’impegno smisurato col quale egli si prodiga per riconciliarli gli procura una coltellata letale. Una svolta, sulla quale non diciamo il seguito, con la quale sembra tornare la vera giustizia, per un soprassalto di coerenza del medico.
Al suo primo confronto con Eduardo, e con una commedia che, all’età di 11 anni, vista in televisione, fu per lui una folgorazione, ora, nella piena maturità della sua attività di regista, Sciaccaluga, ha messo in scena una delle più belle opere di De Filippo. E regala una serata di autentica emozione muovendo l’azione con ispirata agilità dentro un’atmosfera dove prendono corpo e risuonano forti questioni di pensiero e di vita, di passione e di dolore, d’incoercibile dissidio e faticosa concordia. Si ride sì, lungo l’arco dello spettacolo, ma con molti brividi di coscienza, grazie ad un cast di ben quindici interpreti – un vero lusso oggigiorno – senza punti deboli, sui quali primeggia Eros Pagni. Senza la necessità di trasformarsi imitando Eduardo, l’attore genovese si afferma per la limpida, intensa, accattivante interpretazione che egli dà di questo personaggio potente. Del quale, fra le tante scene, ricordiamo quella mirabilmente surreale in cui egli conta una mazzetta di denaro immaginario fingendo di risarcire un incredulo strozzino.
“Il sindaco del Rione Sanità”, di Eduardo De Filippo, regia Marco Sciaccaluga, scena Guido Fiorato, costumi Zaira de Vincentiis, musiche Andrea Nicolini,luci Sandro Sussi. Produzione teatro Stabile di Genova e Stabile di Napoli In tournée Napoli, Teatro Mercadante, dal 26 dicembre all’11 gennaio; Taranto, Teatro Orfeo, il 13 e 14 gennaio; Brindisi, Nuovo Teatro Verdi, 16 e 17 gennaio; Roma, Teatro Quirino, dal 20 gennaio all’1 febbraio; Brescia, Teatro Sociale, dal 4 all’8 febbraio.