Quei divani rossi e bianchi
Scusi, gentilmente, è libero? Prego, si accomodi… c’è tempo. Non sono le battute di un noto film, ma quanto accaduto in piazza della Quercia a Roma durante la quinta edizione de La notte bianca. Era l’8 settembre, quando tra i mille colori della città – tutta sveglia per gustare i fuochi d’artificio all’Eur e all’alba il concerto degli Zero assoluto -, piazza della Quercia, nel centro storico, si trasformava in salotto. Rosso e avana. L’idea – spiega Marco, uno degli organizzatori – ci è venuta durante una serata tra amici: anche noi volevamo fare qualcosa durante La notte bianca, ma più che un semplice spettacolo desideravamo incontrare le persone, trovare un modo per instaurare rapporti con la gente che normalmente durante quella notte corre da una parte all’altra della città sperando di poter vedere il maggior numero possibile di spettacoli. È nato così Stop_art. La città si piazza sul divano: attorno ad una quercia imponente, dodici divani ricostruivano un salotto, quello dove ci si incontra in famiglia per parlare, fare progetti, vedere un film e magari stare semplicemente insieme, moglie e marito, genitori e figli. I divani, ovviamente, non potevano che far da sfondo a performance artistiche: dal teatro al jazz, dalla poesia alla danza. Un percorso in quattro punti focali: tempo, libertà, relazione e gentilezza. I protagonisti? Giovani, gli organizzatori e gli artisti e i tecnici. Dal primo all’ultimo con lo sguardo di chi ci crede, di chi vuole testimoniare che anche a Roma, nella città eterna, c’è sempre tempo per l’altro, per creare qualcosa di bello, per vivere la città in modo diverso dalla solita routine. Già dalla mattina nella piazza si notava qualcosa di solito e insolito nel contempo: c’era chi scaricava strumenti musicali, chi si improvvisava operatore ecologico, chi si occupava della distribuzione del materiale informativo… ma a farla da padrone una sola nota: l’allegria, senza confusione. Cosicché gli increduli abitanti della zona domandavano spiegazioni: State lavorando per fare qualcosa qui stasera? Che ci fanno questi divani?. Il fatto è che nelle vicinanze di Campo de’ Fiori i romani lo sanno bene che i giovani si recano quasi esclusivamente per ubriacarsi. I protagonisti della notte sono così l’alcool e gli sballi. Ma con Stop_art non c’era spazio per tali eccessi. Piano piano la piazza aveva preso forma trasformandosi in un set cinematografico. Ma per il copione del film si sarebbe dovuta aspettare la notte, quando chiunque si sarebbe potuto fermare e, seduto sul divano, avrebbe dato il proprio contributo. Magari avrebbe assistito a parte dello spettacolo, o tra una pausa e l’altra avrebbe chiacchierato col proprio vicino, avrebbe letto alcuni libri posti sui tavolini, si sarebbe domandato il senso delle parole appena sentite, o forse avrebbe chiamato i propri amici per invitarli a trascorrere la notte in un posto più bello del solito. I divani, grandi da quattro posti, rossi e avana, attiravano l’attenzione anche dei più perplessi, ancor più col trascorrere della notte e l’incalzare della stanchezza. Ma, poi, lì, una volta sedutisi, ci si sentiva risucchiati dalle parole di Seneca o dai versi di Wojtyla. Risultavano più che mai attuali, adatti anche oggi, in quella notte del 2007 a Roma. Il tempo: prendeva la dimensione dell’istantaneità. E la libertà? Quella che va oltre il proprio orizzonte personale per guardarsi attorno e vedere se il fumo della mia sigaretta disturba chi mi è a fianco. La relazione? Diviene quella che passa dall’io al tu al noi, senza lasciare nessuno in disparte. Infine la gentilezza, quella contrapposta alla violenza e all’arroganza. Insomma, la prospettiva offerta a piazza della Quercia è un’altra: vi si trova qualcosa di simile all’amore, quello vero. È così che – come scrive Chiara Lubich in un testo del ’49 recitato da Alessandra Pasquali – tutto si rivoluziona: politica ed arte, scuola e religione, vita privata e divertimento. Tutto… Ed il Fuoco, distruttore del tutto a servizio dell’Eterno Amore, si diffonde in un baleno per Roma a risuscitarvi i cristiani ed a far di quest’epoca, fredda perché atea, l’epoca del Fuoco, l’epoca di Dio. E così La notte bianca per i Giovani per un mondo unito di Roma – organizzatori di Stop_ art, con la collaborazione di Città nuova – è stata un’occasione (o forse una scusa) per aggiungere un tassello alla scommessa di un mondo un po’ meno schizofrenico e frenetico, e un po’ più armonioso e unito. Dietro le quinte Luglio. Faccio parte della commissione preparatoria. Le idee non mancano rispetto ad autori, testi, immagini, ma manca il motivo per cui mettersi in gioco in questa avventura che rischia di essere una copia, e magari una brutta copia, delle tante proposte de La notte bianca. Prendo in mano Città nuova del 25 giugno. Di solito inizio a leggere il giornale dalla fine, ma stavolta decido di partire dall’essenziale, ossia la Parola di Vita: Voi siete stati chiamati a libertà, dalla Lettera ai galati. Proseguo, arrivo in fondo alla rivista, mi fermo… ed ecco l’ispirazione! Mi incontro con i miei compagni di lavoro e la prima cosa che faccio è appoggiare Città nuova sul tavolo. Ho delle nuove idee, dico mettendo mano al giornale. Uno di loro, indicando i politici del G8 in copertina, esclama: Mi fai paura. Poco alla volta l’entusiasmo per l’idea viene condiviso. E si apre anche un dibattito su Città nuova: molti si sentono attratti da altri tipi di riviste, con impaginazioni e grafica e linguaggi diversi. E c’è l’esigenza di cercare l’ideale dell’unità laddove sembra nascosto, laddove il Bello di un poeta o scrittore o psicologo o sociologo o politico non ti aspetti ci sia. Crediamo che anche Città nuova, con i suoi articoli, sia così orientata. Per questo l’abbiamo voluta con noi quella sera, come il nostro biglietto da visita. Alessandra Pasquali