Quei cigni prigionieri di un incantesimo
Prima di entrare in platea veniamo fatti sostare in fila dietro una linea bianca, in attesa di qualcosa. Improvvisamente sbucano da dietro la tenda delle giovanissime ballerine che si piazzano frontalmente davanti a noi spettatori. Pochi attimi e subito volano via. Le ritroveremo all'interno della sala schierate assieme ad altre, in linee e posizioni classiche, in piedi o accasciate, come creature morte. Sono cigni. Lo si intuisce dalla sola piuma sui capelli e dal body bianco. Niente tutù e svolazzi. Niente pose romantiche.
Del nobile cigno vedremo solamente un filmato proiettato nel finale. E della struggente musica di Ciajkovskij solo un frammento ad altissimo volume. Lo si udrà quando lo sparo di una pistola tenuta da uno dei cigni, seguito da un urlo squassante, farà scappare tutto il branco. Il resto della partitura sonora è un flusso di suoni elettronici di Alva Noto e di Richard Chartier. Nello spettacolo di Enzo Cosimi, Odette Odile investigations, del celebre balletto Il lago dei cigni, c'è solo lo spunto con l'intenzione, tutta moderna, di indagarne il valore simbolico.
Enzo Cosimi vede il cigno come reincarnazione del femminile la cui natura romantica è oggi trasfusa di cinismo, di glamour. Dietro c’è l'aspirazione alla morte vissuta senza pathos. Figura mutante che trova nello sguardo di Cosimi bagliori cupi. Egli cerca affondi nella psiche, nello scavo immaginifico restituito in figure che ribaltano ogni iconografia tradizionale e rasserenante. L'atmosfera è sospesa, rarefatta. Siamo dentro un incubo, un tenebroso incantesimo che vede il mago Rothbart – lo stesso Cosimi – dirigere una sorta di crudele cerimonia in cui il cigno viene sdoppiato in due figure, Odette e Odile, il cigno bianco e il cigno nero.
Le due protagoniste – esposte su un piedistallo rosso – in simbiosi, poi ciascuna nella loro solitaria esibizione – vivono, assieme a uno stuolo di cigni, una condizione di prigionia. Lo evidenzia il sipario di catene che rende l'ambiente cupo e opprimente. Siamo nella stanza del principe Siegfried, assente perché l'amore qui non trova posto. Vibrano, invece, atmosfere minacciose, come spesso negli spettacoli di Enzo Cosimi. Il suo è un teatro-danza dove il movimento è centellinato, esposto in forme di lente posture.
Predilige la teatralità alla danza pura. I suoi due cigni danzano fermi, di spalle, accanto a un enorme ventilatore la cui folata non li schioda dalla loro posizione. Vengono incappucciati, poi liberati tra fumi e luci radenti o accecanti come quella che fuoriesce da un armadio, quasi da un altro mondo. Il cigno bianco, coi lunghi capelli sciolti, forse a voler sedurre, striscia lungo la parete frontale in una ondeggiamento di braccia disarticolate e sussultanti. Cala infine uno schermo dove, alle evanescenti sequenze del film Nosferatu, si sovrappone un paesaggio innevato di alberi. E, in ultimo, di un cigno nell'acqua, il cui candore, smitizzato, dopo tanto tenebroso frastuono rimane solo un ricordo.
Lo spettacolo, creato nel 2008, e rimaneggiato per questa nuova edizione, è stato presentato al Comunale di Ferrara insieme ad un'altra creazione del coreografo romano, Calore, del 1982, nell’ambito del progetto RIC.CI, progetto che intende recuperare la memoria storica della nostra danza contemporanea.
La stanza del principe – II variazione su Il lago dei cigni. Odette Odile investigations", Compagnia Enzo Cosimi. Al Comunale di Ferrara.