Quei bravi ragazzi

Sviene a scuola per overdose di cocaina. Protagonista una quindicenne di Brindisi… Lorena, 14 anni, è strangolata e buttata in un pozzo a Niscemi da tre coetanei per paura che uno di loro l’avesse messa incinta… Sgominata una baby gang a Torino: usavano le armi dei Ninja, affilate stelle a cinque punte, per derubare i loro coetanei… Ed ogni giorno c’è n’è una nuova. Bulli, violenti, razzisti: le notizie che ci arrivano dai mass media presentano un quadro allarmante del mondo adolescenziale. I sociologi con le loro ricerche spesso rincarano la dose: bambini che cominciano a bere a dieci anni e che hanno il primo rapporto sessuale a dodici. L’unico modello sarebbero le baby gang e le veline. Il quadro che emerge è quello di una comunità giovanile priva di valori e punti di riferimento: eccezion fatta per quelli più effimeri. Vince il nichilismo e la legge del più forte. Ma è davvero così? O è solo la lettura troppo spesso miope della comunicazione che evidenzia solo i casi negativi e non sa vedere le potenzialità del mondo giovanile? Emergenza educativa Oggi più che nel passato l’educazione e la formazione della persona sono influenzate – ha detto un anno fa Benedetto XVI – da quei messaggi e da quel clima diffuso che vengono veicolati dai grandi mezzi di comunicazione e che si ispirano ad una mentalità e cultura caratterizzate dal relativismo, dal consumismo e da una falsa e distruttiva esaltazione, o meglio profanazione, del corpo e della sessualità. Si tratterebbe, insomma, di una vera e propria emergenza educativa. Non si riuscirebbe più a trasmettere alle nuove generazioni i valori di base dell’esistenza, e l’esperienza della fede. Eppure, la percezione del bisogno educativo è sempre più diffusa. I dati forniti dal rapporto della Fondazione per la sussidiarietà parlano di un 61 per cento di risposte che collocano l’educazione al primo posto delle emergenze nazionali. Tale tendenza si scontra con la incapacità della società adulta – ci dice don Bruno Stenco, responsabile dell’Ufficio scuola della Cei – di proporre una tavola di valori alle giovani generazioni. È come se la nostra società soffrisse di una impotenza dell’atto educativo, incapace di trasmettere il seme dei valori fondamentali. Da dove ricominciare, prima che il declino diventi irreversibile? Meglio, non è che questa crisi in atto sia, in realtà, una fase di maturazione della società per avviare un’azione formativa più adeguata e un nuovo paradigma delle relazioni genitore-figlio, educatore-studente? I genitori e gli insegnanti troppo spesso abdicano ai propri compiti educativi e non trasmettono più i veri valori che danno fondamento alla vita. Nuovi modi di apprendere Un aspetto molto importante nel cercare di immedesimarsi con i figli è quello di capire i nuovi modi di apprendere. Alcune modalità sono evidenti. Per le nuove generazioni. – scrive il prof. Carlo Nanni, filosofo dell’educazione -, rispetto anche al passato recente, gran parte dell’apprendimento avviene più nell’informale che nel formale (in piazza, al muretto, al pub, chattando, con gli sms) piuttosto che nei luoghi base della vita (la famiglia, la scuola, la parrocchia, la vita sociale e civile) . E procede per logiche più digitali che razionali, selezionando ciò che appare utile e funzionale piuttosto che ciò che è vero e bello. Il legame con la tradizione e la memoria è reciso e si vive del sempre nuovo offerto dal consumismo di mercato. Mancando un radicamento storico – sottolinea ancora don Bruno Stenco – e una solidità umana, l’esperienza ha un carattere facilmente emozionale, subito coinvolgente, senza capacità di distacco oggettivo e critico. Tutto si concentra così sull’io, che diventa la misura di ciò che è vero e che piace. Da non sottovalutare, inoltre, la preponderanza data ai tempi del divertimento, senza misura, senza regole, senza limiti di soldi. Tanto paga papà. La trasmissione della fede Ora, c’è un nesso tra emergenza educativa ed evangelizzazione? Secondo Benedetto XVI in effetti esiste un intrinseco legame tra persona, fede ed educazione. Sono tre aspetti imprenscindibili di una visione dell’uomo cristiana. Una volta il passaggio di consegne, la tradizione, la memoria, l’avventura cristiana avveniva in famiglia e a scuola. C’era un senso di legame con la storia del nostro Paese, con le tradizioni popolari, con la vita dei santi. I racconti divenivano proverbiali ed entravano nel vissuto e nel tessuto culturale della generazione che seguiva. Anche perché non esisteva una frammentazione del sapere e la fede cristiana era intrinsecamente legata alla vita, come un patrimonio culturale acquisito. Ora, per certi versi, questo legame non c’è più, o appare allentato e si smarriscono le radici e l’orientamento del viaggio. Molte di queste domande se le sono poste anche 800 catechisti dei Focolari, provenienti da tutto il mondo, in un convegno tenutosi recentemente a Castelgandolfo. La catechesi – spiega don Adolfo Raggio, responsabile delle Parrocchie nuove del movimento – non può limitarsi ad un’opera di mantenimento, conservare cioè la fede e la pratica cristiana che molti non hanno più, né di restauro e di recupero della fede, ma è chiamata ad un nuovo primo annuncio, al kerygma, delle verità fondamentali del cristianesimo. E rivela l’urgenza di passare da una catechesi come preparazione ai sacramenti ad un itinerario permanente della fede, dalla trasmissione di contenuti dottrinali alla comunicazione di esperienze di fede vissuta. Sarebbe già molto, ma – insiste – ci vuole una catechesi non più individuale bensì di tipo comunitario, che non si preoccupi della conservazione ma si lanci in una dimensione evangelizzatrice e missionaria. Quale approccio educativo? È interessante notare che Chiara Lubich era una maestra molto singolare. In lei l’insegnamento delle materie delle elementari e l’insegnamento della fede coincidevano. Ogni settimana faceva vivere ai ragazzi una frase del Vangelo, ed in classe ne condividevano le esperienze vissute, sia positive che negative. Da allora, vivendo la spiritualità che Dio le donava, si è andato elaborando uno stile pedagogico che unisce insieme l’autorevolezza all’amicizia, l’amore alla correzione, la verità alla libertà. Usando il metodo evangelico del farsi uno, dell’immedesimarsi con gli studenti, con i modi propri del gioco, del divertimento, del coinvolgimento alla lezione, affinché questa non sia una noia ma una gioia. Ciò è possibile, per chi crede, quando il punto di partenza è un rapporto personale con Dio, che diventa la fonte di una vita sempre nuova. Ma anche chi non crede può sempre trattare il prossimo come sé stesso e vedere nel proprio figlio, nel proprio studente, un altro sé, da crescere, educare, formare per le sfide che la vita gli porrà davanti. Il segreto è nell’amore, e nell’amore ricambiato, reciproco, che apre alla presenza misteriosa dell’unico vero maestro, a Gesù che parla all’interno di ogni relazione autentica. Correggere senza scoraggiare, altra cifra educativa usata da Chiara. Correggeva i suoi studenti mentre facevano i compiti ed immediatamente spiegava come fare, per non ricorrere a odiosi segni blu e rossi. Exempla docent. I genitori e gli educatori dovrebbero prima mettere in pratica quanto chiedono alle nuove generazioni, altrimenti la loro testimonianza perderebbe di efficacia e sarebbero severamente giudicati sulla loro coerenza. Ogni lezione, inoltre, per Chiara voleva dire fare la volontà di Dio, quindi compiere qualcosa di sacro. Andava preparata con cura, non lasciando nulla al caso. Ogni studente per Chiara era Gesù. L’hai fatto a me, è scritto nel Vangelo. Lei ci credeva. E la riscoperta del Vangelo ci sembra la premessa per educare insieme e operare in sinergia tra scuola, famiglia, territorio, chiesa. PER TRASMETTERE LA FEDE Un ottimo strumento sono i sussidi del catechismo editi in questi mesi da Città Nuova. Sono utili per genitori, insegnanti e catechisti, perché trasmettono con giochi, fumetti, canzoni quei princìpi educativi appena accennati nell’articolo. L’educatore è chiamato – ci dice Christiane Heinsdorff, una delle curatrici – ad essere padre e madre dei bambini a lui affidati: aderendo per primo alla Parola di Dio e generandoli in tal modo ad un rapporto vitale con Dio. Quel rapporto che li guiderà e orienterà per tutta la vita e resterà anche nell’altra. Ne riparleremo più approfonditamente. Per ulteriori dettagli consultate il sito www.cittanuova.it.

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