Quei bambini invecchiati e in eterna attesa

Una trilogia che sul tema del tempo e della liberazione intreccia rapporti irrisolti tra genitori e figli sottolineando la precarietà di generazioni apolidi, orfani, disadattati, dimenticati dentro gli stilemi del teatro dell'assurdo di Beckett
Trilogia dell'attesa

Va salutata come un’intelligente e piacevole novità, per originalità di scrittura scenica e di approccio tematico oltre che per encomiabile capacità interpretativa e di metamorfosi fisica,La trilogia dell’attesa, della compagnia LaFabbrica diretta da Fabiana Iacozzilli. Lo spettacolo ha vinto il progetto PlayFestival 2013, la rassegna dedicata a compagnie emergenti e sostenuta dai teatri milanesi il Piccolo e l'Atir Ringhiera. La pièce si articola in tre atti nati singolarmente nel 2007 e nel 2009, finalisti in vari premi, e che dopo diverse fasi di gestazione e di maturazione sono giunti a completezza con la messinscena unica di “Aspettando Nil”, “Quando saremo grandi” e “Hansel e Gretel. Il giorno dopo”. Il tema, alquanto beckettiano è quello dell’attesa e della crescita; del vivereattaccati a chi ci ha generato, stretti nei loro precetti, per ritrovarsi poi impreparati al distacco, incapaci di qualunque decisione. Partendo da questa condizione dei giovani-adulti della generazione di oggi che si ritrova a essere "orfana", "apolide", "disadattata", "dimenticata", i bravissimi attori della compagnia romana hanno lavorato sull’immaginario fiabesco, alla Tim Burton, coniugando letteratura e racconto popolare, dimensione grottesca e visionarietà.

In “Aspettando Nil”, il riferimento ad “Aspettando Godot” e a “Finale di partita”, di Beckett, è palese in quanto c’è una madre in carrozzella e una figlia che l’assiste, colte nell’eterna attesa di un uomo sconosciuto che «verrà quando saremo pronte» – dice l’una all’altra – per  portarle via dal loro mondo grigio e avvizzito. Dell’uomo si sa solo che è un grande proprietario terriero, e che arriverà. Nel frattempo si consumano i preparativi della vestizione e dell’abbellimento, e intanto le due donne si confrontano, si scontrano, si aiutano, si rinfacciano colpe, facendo emergere nel loro rapporto amore e obbedienza, prevaricazione e distacco, bisogno dell’altra e desiderio di libertà. Con sequenze che ricordano il teatro di Emma Dante – atmosfere, rituali, corse – questo primo atto ha molte lungaggini ma anche intelligenti trovate drammaturgiche e visive come la scena del filo per cucire una parte strappata dell’abito della figlia che diventa una sorta di cordone ombelicale che si allunga e rientra nel tentativo della ragazza di allontanarsi dalla madre verso un corridoio di luce che rappresenta l’uscita fuori dalla casa.

Sono, invece, obbligati a non varcare quella soglia, pena non poter più rientrare, i tre protagonisti di “Quando saremo grandi”,tre bambinoni vecchi vestiti da scolaretti, seduti, che guardano fissi in un’unica direzione con espressioni di attesa e di sospensione sempre in attesa della mamma che venga a prenderli. Il tempo trascorso, nel frattempo li ha incartapecoriti, costretti a rimanere eternamente infantili, capaci solo di farsi dispetti, di vezzeggiarsi, di esprimere desideri, di pensare al futuro “quando saranno grandi”. Delle semplici strisce bianche sul pavimento delimitano lo spazio dell’azione, spostato dalla manomissione di quegli elementi geometrici quando i tre intrecciano vie di fuga fallite miseramente, e scompaginano i loro sentimenti repressi per ritornare infine all’ordine predefinito, nuovamente in posizione di stasi, ancora con la speranza che non potranno mai essere abbandonati da colei che li ama sopra ogni cosa. Non sapremo però se lei è in ritardo, o se li ha messi in punizione. Oppure li ha solo dimenticati?

La rilettura della fiaba dei fratelli Grimm trova in “Hansel e Gretel. Il giorno dopo” un ulteriore terreno di indagine del tema. Qui l’attesa dei due goffi fratelli, ingombrati dai loro enormi abiti e dal continuo ingozzarsidi marzapane, è quella del padre: si desidera il suo riconoscimento perché si sperimentano, come adulti, in vari tentativi di uccidere la strega che tengono legata in fondo alla scena. Si ripetono le stesse azioni, si reiterano le stesse parole, mentre la strega, in attesa di morire, avvizzirà vistosamente con dei cambi di parrucca senza vedere la parola fine. Lode a questa compagnia anche per il curato lavoro artigianale, raffinato nei particolari del trucco, dei costumi, delle luci e della scena povera ma poeticamente efficace per simbologia e per fascinazione visiva.

“La trilogia dell'attesa”, regia Fabiana Iacozzilli, disegno luci Davood Kheradmand, scene Matteo Zenardi. Produzione Lafabbrica e TSI La Fabbrica dell'attore – Teatro Vascello, in collaborazione con Centro Internazionale La Cometa, Ex Lavanderia, Sycamore T-Company.

Aspettando Nil, con Elisa Bongiovanni e Giada Parlanti
Quando saremo GRANDI! con Simone Barraco, Matteo Latino, Ramona Nardò, Francesco Zecca
Hansel e Gretel. Il giorno dopo, drammaturgia a cura di Francisco Espejo, con Elisa Bongiovanni, Marta Meneghetti e Giada Parlanti 
A Milano, Piccolo Teatro, e a Roma, teatro Il Vascello.

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