I quattro profeti del Disagio-Pensiero

La loro dottrina: arrendersi al Disagio, accettarlo e coltivarlo. Come? Attraverso vari prodotti pedagogici. Immaginate una sorta di gioco dell'oca dove un laureando, un precario e uno stagista si sfideranno per vedere chi riesce ad accumulare più disagio

Energia strabordante, empatia col pubblico, ritmo incalzante. Ma soprattutto una scrittura intelligente, ironica, divertente, per un tema più che mai attuale – il precariato, la crisi, il disagio esistenziale, la generazione di Facebook e Youtube, dei selfie e degli aperitivi –, fanno di Dopodiché stasera mi butto della compagnia Generazione Disagio uno spettacolo ad alto tasso adrenalinico, risultato di una creazione collettiva.

L’incertezza del futuro lavorativo, tra disoccupati ma anche inoccupati, che condanna un’intera generazione a un precariato esistenziale con ripercussioni sui rapporti sociali e personali, sulle dinamiche del vivere quotidiano, sul pensiero, sulla sfiducia nella società, nell’essere umano, sono argomentazioni più che risapute e dibattute. Parlarne senza scadere nella solita retorica, per sorriderne e anche riflettere, è quanto propongono i quattro attori della compagnia milanese che si presentano quali «portatori di un messaggio universale che si esprime attraverso la pratica delle tre d: Distrazione, Disinteresse, Disaffezione».

«Nel testo proviamo a porre l’attenzione sull’attitudine autolesionista della nostra generazione – spiegano gli autori –. Preferiamo cullarci nei nostri problemi e sentirci comodamente impossibilitati a far niente. Ci deresponsabilizziamo e ci spegniamo. Affrontiamo il tema del suicidio per parlare dei nostri piccoli suicidi quotidiani: tutte quelle attitudini, piccole prassi e decisioni che ci fanno morire pian piano e che in qualche modo ci assolvono dal dover prendere posizioni, agire e reagire. Ridiamo, insomma, di come siamo bravi a scavarci la fossa giorno per giorno, in compagnia dei nostri paradossi e ossimori: la nostra pubblica intimità, l’inerzia iperattiva, il confortevole precariato, i corpi immaginifici, la condivisione in solitaria e la volgare trascendenza».

Dalla resilienza agli stage, dal precariato alla decrescita felice, dalla realtà virtuale dei social più vera di quella reale, si disegna l’agognato disinteresse alla vita in quei prototipi del malessere generazionale, della crisi, delle frustrazioni e della voglia di cambiamento. Con un gioco di ribaltamento paradossale, invece di risolvere i problemi o lottare per un mondo migliore, i 4 attori propongono di affrontare il complesso argomento come un intrattenimento di stampo televisivo: un reality col gioco dell’oca dove un laureando, un precario e uno stagista si dovranno sfidare per vedere chi riesce ad accumulare più sfighe. Coadiuvati da un conduttore e con la partecipazione dal vivo del pubblico in sala che viene coinvolto tirando palline ed altro, i giocatori dovranno avanzare sul tabellone per accumulare “Disagio”, destreggiandosi tra prove collettive, prove individuali e caselle “imprevisti”. Obiettivo: la casella finale del “Suicidio”. Risultato: un gioco al massacro in cui anche il pubblico diventa carnefice. I bravi attori riescono a far deflagrare la materia.

Si ride molto, e ci si sente chiamati in causa nelle varie tipologie che emergono, anche se alla lunga si sentirebbe, in mezzo, il bisogno di un affondo più serio che faccia emergere la realtà drammatica di una condizione umana.

 

“Dopodichè stasera mi butto”, compagnia Generazione Disagio, con Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi, Andrea Panigatti, Luca Mammoli, e Riccardo Pippa, regista e co-autore, scene e costumi Margherita Baldoni, luci Max Klein, disegni Duccio Mantellassi. Produzione Generazione Disagio e Proxima Res. All’OFF/OFF Theatre di Roma, dal 27/12 al 7/1/2018

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