Quattro giocatori alle prese con la partita della vita

Andato in scena al teatro Piccolo di Milano, l'opera del catalano Pau Mirò, diretta da Enrico Ianniello, è uno spettacolo ben recitato, sulla complicità maschile
Jucature di Pau Mirò

Dalla cornice squallida e angusta di un affollato condominio del Raval, vicino alle turistiche Ramblas, ad un altrettanto piccolo e vecchio appartamento nei vicoli dei Quartieri Spagnoli. Da Barcellona a Napoli non cambia di molto l’ambientazione geografica e culturale per collocare le esistenze alla deriva di quattro uomini in un interno domestico alle prese con una partita di carte quasi mai giocata.

Come in Chiove – diventato, grazie alla regia di Francesco Saponaro, un successo senza precedenti alcune stagioni fa e ancora ripreso sia in Italia che in Spagna -, anche nella nuova messa in scena di Jucatùre (Giocatori) dell’autore/rivelazione catalano Pau Mirò, Enrico Ianniello, regista, attore nonché traduttore del nuovo testo (si deve proprio a lui la scoperta in Italia del giovane drammaturgo) adotta il napoletano come lingua di vita, con il suo carico gergale istintivo e verace, che esalta i caratteri di questi personaggi e le loro relazioni.

 

Relazioni che hanno in comune la solitudine, il fallimento, la mancanza di lavoro, l’assenza di un amore autentico. Si ritrovano sempre insieme per un bisogno di solidarietà, di complicità maschile, di fraternità, sentendosi – come più volte qualcuno ripete – una famiglia.

 

Ma non si pensi ad una commedia dai contorni drammatici. Qui si ride, e molto. Con l’intelligenza di un testo ben scritto, e dal meccanismo perfetto. C’è un anziano professore universitario di matematica che per un gesto inconsulto verso uno studente si ritrova alle prese con un processo in vista; un becchino balbuziente ammaliato dai racconti di una prostituta ucraina con la quale intrattiene una relazione con appuntamento settimanale; un attore senza talento che vive di provini e intanto ruba, con piacere, nei supermercati; e un barbiere che nasconde alla moglie di essere stato licenziato per non darle il pretesto di abbandonarlo nonostante sappia che lei lo tradisce.

 

Nei limitati spostamenti fisici in quella stanza, tra preparativi del caffè, bevute di whisky di marca scadente, canzoni di Dean Martin e Roberto Murolo, svelamenti di oggetti di ricordi paterni, s’innescano confessioni, pensieri e parole, che tradiscono un sussulto di orgoglio, un desiderio di riscatto. L’idea insensata di un colpaccio rischioso che li tiri fuori dal grigiore e risolva i loro problemi di soldi, dapprima li divide; poi, indossando improvvisamente delle maschere di cartone di eroi da fumetto, ovvero Batman e l’Uomo ragno

 

Non sveliamo il finale; diciamo solo che sono magnifici Tony Laudadio, Renato Carpentieri, Marcello Romolo e lo stesso Ianniello al quale va un plauso particolare per aver aggiunto a leggeri tic nervosi quella leggera balbuzie al suo becchino, che lo rende esilarante. Con puntuali incastri di battute e risposte, di sguardi che tracciano linee di rapporti, la regia esalta appieno il testo giocando con fantasia sulle sfumature, sui dettagli, dei gesti come della recitazione, rendendo umanissimo e toccante questo quartetto d’interpreti. 

 

“Jucatùre” di Pau Mirò, regia di Enrico Ianniello. Produzione Teatri Uniti in collaborazione con OTC e Institut Ramon Llull di Barcellona. Visto al Piccolo Teatro Studio Expo di Milano.

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