Quaresima, tempo di preghiera
Papa Francesco, con l’omelia nel mercoledì delle ceneri, il 23 febbraio, ha ricordato le tre grandi vie per il cammino della Quaresima: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Tre parole desuete, che non compaiono più nel nostro vocabolario; sono ben altre le parole che riecheggiano e gli interessi che si esibiscono attorno a noi. Eppure per il papa esse indicano atteggiamenti e azioni che possono «ravvivare le nostre relazioni con Dio e con gli altri: per aprirci nel silenzio alla preghiera e uscire dalla fortezza del nostro io chiuso, per spezzare le catene dell’individualismo e dell’isolamento e riscoprire, attraverso l’incontro e l’ascolto, chi ci cammina accanto ogni giorno, e reimparare ad amarlo come fratello o sorella».
«La preghiera – continua il papa – non è ritualità, ma dialogo di verità e amore con il Padre (…) la preghiera darà voce al nostro intimo desiderio di incontrare il Padre, facendoci ritornare a Lui (…). Mettiamoci in cammino nella preghiera: ci sono dati quaranta giorni favorevoli per ridare a Dio il primato nella vita, per rimetterci a dialogare con Lui con tutto il cuore, non nei ritagli di tempo».
La preghiera come dimensione di vita, essere presenti a Dio, avvertire la sua presenza accanto a noi, un rapporto più che ripetizione di formule. Senza necessità di una chiesa o del silenzio. Anche camminando in centro città, tra il chiasso e i richiami delle vetrine e della gente che passa. Proprio camminando per Roma questi giorni ho riletto un brano di diario di Chiara Lubich che mi sembrava di vedere passeggiare ancora per quelle strade: «Qualcuno mi chiama con veemenza in fondo all’anima ad unirmi a Sé. Sei Tu, mio Dio, al cui pensiero anche in mezzo a Via Veneto, a Corso d’Italia, dovunque, mi si commuove l’anima fino nel profondo. E c’è un’oasi in essa, che m’attira come l’unico regno di pace, d’amore… ma così diversa, così diversa dal resto! Mi chiami, mi richiami, mi attiri, mi vuoi! Come sei il Solo per l’anima, quando l’anima è in questa disposizione!». Parole scritte quasi 60 anni fa, eppure mi parlano ancora e m’invitano a immergermi in questa presenza.
Eppure un simile colloquio costante, che sembrerebbe così spontaneo, non s’improvvisa. Per avviarlo e incrementarlo in questo tempo di Quaresima occorre fermarsi, “raccogliersi”, come si diceva una volta, entrare in una chiesa, o chiudere gli occhi, disconnettersi per un attimo dal vortice telematico, far tacere i richiami ossessivi da cui siamo circondati, per ricordarci, sempre come si diceva una volta, da dove veniamo e dove andiamo, che abbiamo un Padre che ci guarda con amore e pensa a noi, uno straordinario silenzioso compagno di viaggio che si chiama Gesù, una madre premurosa, silenziosa e discreta che veglia su di noi…
La preghiera, la grande preghiera come condivisione di vita ed espressione di amore, richiede le preghiere, le piccole preghiere, fatte di formule imparate da bambini o di formule nuove, che abbiamo raccolto nella vita o che possiamo inventare con la creatività di chi è innamorato: “Ti voglio bene”, “Grazie del tuo infinito amore”, “Sei il mio tutto”, “Ho bisogno di te”…
Poi si riaprono gli occhi, si esce dalla stanza, dalla chiesa e si rivede la realtà di sempre, si incontrano le solite persone, niente è cambiato. E tutto è cambiato. È cambiato lo sguardo, che ci fa vedere tutti e tutto nuovo e ci ritroviamo con una freschezza, con una forza…
Altro che Quaresima, è già Pasqua!
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