Quanto valgono i nostri dati?
Ormai, quasi la totalità delle azioni che compiamo ogni giorno genera dei dati: quando andiamo al supermercato, quando saliamo sul bus, quando telefoniamo, quando consumiamo elettricità, quando andiamo in farmacia, qualunque cosa facciamo lasciamo una traccia, un dato. Molti di questi dati, se usati in modo intelligente, possono creare benefici economici e sociali. Pensiamo ai dati sul numero di biglietti della metropolitana obliterati in diversi momenti della giornata: grazie al loro studio un’azienda di trasporto potrebbe pianificare in modo più efficiente il passaggio dei convogli. Oppure pensiamo ai dati raccolti dalla polizia circa i furti in appartamento che, se messi in connessione, potrebbero essere uno strumento utile agli operatori del mercato immobiliare per determinare in quali quartieri vi sono più rischi per gli abitanti.
I dati possono essere utilizzati per migliorare quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana, dall’analisi aziendale alle previsioni del tempo, dai progressi della medicina che permettono di prestare cure personalizzate a una maggiore sicurezza stradale e alla riduzione degli ingorghi. È stato stimato che l’economia dei dati nell’Unione Europea (Ue) raggiungesse i 272 miliardi di euro nel 2015 (con una crescita annuale del 5,6%) e potrebbe dare lavoro a 7,4 milioni di persone entro il 2020. Invece, uno studio dell’European Centre for International Political Economy (Ecipe) dimostra che vi sono numerose restrizioni di carattere giuridico o amministrativo, principalmente sotto forma di obblighi di localizzazione nazionale dei dati, che vincolano l’intero mercato europeo dei dati, mentre l’abolizione di queste restrizioni potrebbe generare benefici per 8 miliardi di euro all’anno.
Ebbene, la Commissione europea ritiene che l’Ue non stia sfruttando in modo ottimale il suo potenziale in termini di dati e, pertanto, essa intende rimuovere le restrizioni ingiustificate alla libera circolazione tra gli Stati membri dei dati, eliminando inoltre diverse incertezze giuridiche. Per questo è stata presentata la comunicazione “Costruire l’economia europea dei dati” nella quale vengono proposte delle soluzioni politiche e giuridiche per realizzare l’economia europea dei dati, nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale presentata nel maggio 2015. Inoltre, la Commissione europea ha avviato consultazioni pubbliche e un dibattito con gli Stati membri e le parti interessate per definire le prossime fasi. La Commissione propone anche che gli Stati membri realizzino dei progetti transfrontalieri che analizzino le questioni emergenti relative ai dati in condizioni reali. Del resto, in alcuni Stati membri sono già in corso dei progetti sulla mobilità cooperativa, connessa e automatizzata, che consente ai veicoli di collegarsi sia con altri veicoli che con le infrastrutture stradali.
Secondo Andrus Ansip, Vicepresidente della Commissione europea e responsabile per il Mercato unico digitale, «i dati dovrebbero poter circolare liberamente da un luogo all’altro, al di là delle frontiere e all’interno di uno spazio di dati unico. In Europa, l’accesso ai dati e il loro flusso sono spesso ostacolati dalle norme sulla localizzazione o da altre barriere tecniche e giuridiche. I dati devono essere usati se vogliamo che la nostra economia dei dati produca crescita e occupazione. L’uso dei dati richiede tuttavia la loro disponibilità e analisi. Dobbiamo adottare un approccio coordinato e paneuropeo per sfruttare al massimo le opportunità offerte dai dati, sulla base di solide norme Ue atte a tutelare i dati personali e la privacy».
Gli fa eco Elżbieta Bieńkowska, Commissario responsabile per il Mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le piccole e medie imprese (Pmi), secondo la quale «i dati sono il motore della nuova economia. Per garantire il successo dell’Europa nella nuova era dell’economia industriale, abbiamo bisogno di un flusso di dati solido e prevedibile all’interno del mercato unico. L’esistenza di norme chiare sull’accesso ai dati, sulla sicurezza e sulla responsabilità è fondamentale per consentire alle imprese, alle Pmi e alle start-up europee di sfruttare appieno il potenziale di crescita dell’internet delle cose. Invece di innalzare frontiere digitali dovremmo impegnarci per costruire un’economia europea dei dati che sia pienamente integrata e concorrenziale nell’economia mondiale dei dati».
La fiducia è la base su cui fa leva l’economia dei dati, che sono protetti a livello europeo. Infatti, il regolamento generale sulla protezione dei dati disciplina integralmente il trattamento dei dati personali nell’Ue, compresi i dati industriali o quelli generati automaticamente che identificano o rendono identificabili le persone fisiche, assicurando nel contempo la libera circolazione dei dati personali nell’Ue. Le sue disposizioni, tuttavia, non si applicano né ai dati non personali industriali o generati automaticamente né agli ostacoli alla circolazione dei dati personali derivanti da motivi diversi dalla protezione di questi dati, ad esempio in materia di fiscalità o di norme contabili.
La Commissione europea vuole quindi sfruttare al massimo i dati a vantaggio dell’economia europea e, per questo, intende avviare dei dialoghi strutturati con gli Stati membri e le parti interessate per discutere sulla proporzionalità delle restrizioni alla localizzazione dei dati, puntando anche a raccogliere ulteriori elementi concreti sulla natura di queste restrizioni e sul loro impatto sulle imprese, in particolare le PMI e le start-up, e le organizzazioni del settore pubblico. Inoltre, la Commissione europea si prefigge di adottare, se necessario, misure di esecuzione e, all’occorrenza, intraprendere ulteriori iniziative per ovviare alle restrizioni ingiustificate o sproporzionate in materia di localizzazione dei dati. Infatti, un ampio uso dei dati automatici non personali potrebbe dar vita a grandi innovazioni, start-up e nuovi modelli aziendali all’avanguardia a livello mondiale. Però, le norme vigenti nell’UE in materia di responsabilità non sono adatte agli attuali prodotti e servizi basati sui dati. Inoltre, nel contesto attuale può essere difficile garantire la portabilità dei dati non personali, ad esempio quando un’impresa intende trasferire notevoli quantitativi di dati aziendali da un fornitore di servizi cloud a un altro.
Anche la Brexit potrebbe avere un impatto non trascurabile sull’economia dei dati, dato che la gestione dei dati potrebbe assestarsi su scala nazionale, penalizzando le start-up o le piccole e grandi aziende che non si sono ancora attrezzate per riconfigurare i loro sistemi in vista di un crescente isolamento di grandi quantità di dati. Ancora, la possibile divergenza di regole nel trattamento dei dati tra il Regno Unito e l’UE, potrebbe rendere più difficile, per le aziende con sede oltremanica, il trasferimento dei dati oltre confine e le relazioni commerciali con i clienti che risiedono nell’UE.