Quanto paghereste quest’uomo?

Crescono i compensi dei dirigenti delle società partecipate dallo Stato mentre le spese sociali sono al lumicino. Intanto si introduce il pareggio di bilancio nella Costituzione. Chi pagherà?
Un giovane disoccupato cerca lavoro

I dati sono pubblici. Nel 2011 sono cresciute le retribuzioni dei presidenti di Enel ed Eni, società ancora controllate dallo Stato. Rispettivamente Fulvio Conti ha ricevuto il compenso di 4,7 milioni di euro e Paolo Scaroni di 5,8 milioni. L’incremento rispetto al 2010 è pari a una media del 35 per cento. La notizia giunge a ridosso dell’annuncio del rincaro proprio di queste due utenze, luce e gas, gestite dalle società amministrate dai top manager. Spese che incidono pesantemente sul bilancio di molte famiglie.
 
Costi eccessivi Sul fronte strettamente privato sta facendo discutere l’ennesimo caso di un amministratore delegato che lascia una società, la Fonsai, con un miliardo di perdita, mentre percepisce una liquidazione di buona uscita pari a 11,2 milioni di euro. Sono problemi dei soli azionisti, dicono i tecnici.
Alla diseguaglianza eccessiva ci si può abituare come fosse un dato di natura. Altrimenti non si spiegherebbe l’assuefazione alle notizie sui giocatori di calcio che ricevono compensi stellari, mentre i vigili del fuoco devono vivere a mille e duecento euro al mese, con ristrettezze sui mezzi di soccorso. Quando scoppia l’incendio chi chiamiamo?
 
Il pareggio di bilancio e la democrazia La questione non è retorica, dato che il Senato italiano, proprio in questi giorni, sta definendo una materia importantissima: l’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione. Un principio che impone vincoli di rigida austerità nelle uscite del bilancio pubblico. Di fatto andrà a incidere sulle spese di investimento e su quelle sociali già ridotte, dato che le altre sembrano incomprimibili. Un argomento che costituisce il cuore della campagna elettorale francese, mentre in Italia ne parlano in pochi.

L'appello Esiste, ad esempio, un appello di economisti e giuristi, tra i quali Danilo Zolo e Domenico Gallo, promosso da Il Ponte, la storica rivista fondata da Piero Calamandrei. L’intenzione è quella di sollecitare un dibattito pubblico sul tema che invece è precluso dal fatto che la modifica costituzionale avviene con la maggioranza di due terzi delle Camere. Il richiamo è direttamente alla Costituzione che pone «un programma solidale. Casa, lavoro, salute, istruzione, ambiente, giustizia, tutto ha bisogno di interventi pubblici, e poco resta agli italiani se si appendono i diritti alle compatibilità.  Siamo consapevoli che occorrono severi controlli, e che una spesa sbagliata deruba il popolo. Ma attraverso una trappola rigorista si può commettere lo stesso furto, impedendo la spesa pubblica solidale».  
 
Una questione, come si vede, che ha molto a che vedere con la riforma elettorale, dato che questo Parlamento risulta eletto con un metodo poco rappresentativo. Chi decide per tutti?
Continua l’appello de Il Ponte, «sinora il tema è stato circondato dalla peggiore censura: quella dei mezzi silenzi e dell’ovvietà. Negli sbrigativi lavori parlamentari, si è vista una maggioranza inconsueta nella storia repubblicana, e usuale invece in altri regimi. Se anche in seconda lettura la modifica passerà coi due terzi, sarà impossibile un referendum». 
Prendersela con le mega retribuzioni dei dirigenti delle società partecipate può sembrare populistico, ma una domanda sull’equità e sui criteri delle priorità di spesa non è affatto inopportuna.

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