Quanto mi costa la “migliore” università

Uscita la classifica 2012 dei migliori atenei del mondo, tutti con rette particolarmente alte. Nei primi duecento posti c'è solo l'università di Bologna
Università

E anche quest'anno, ci risiamo. Quasi come uno sbadiglio davanti alla situazione di sonno profondo dell'università italiana – o almeno così sembrerebbe, di fronte alle fughe di cervelli nonché dei loro legittimi proprietari –, la classifica delle 700 migliori università al mondo stilata dalla società QS (una delle più autorevoli in questo campo) si è guadagnata poco spazio sui nostri media. “Come sempre”, nessun ateneo italiano è nelle parti alte della classifica: la prima è Bologna, in 194esima posizione, seguita da La Sapienza (216) e Politecnico di Milano (244).
 
E fin qui, nulla di nuovo: che per chi è interessato alla carriera accademica sia meglio fare le valige l'hanno già detto in tanti. Più istruttivo invece è dare uno sguardo a quali sono le prime classificate, perché alcune caratteristiche comuni saltano prepotentemente all'occhio.
 
Scorrendo la lista delle prime venti, infatti, capirete che se non sapete l'inglese a menadito – passateci l'espressione – siete fregati: soltanto una, il Politecnico di Zurigo, si trova in un Paese non di lingua inglese. Al di là dell'ironia sulle competenze linguistiche, una cosa è chiara: a sentire QS, Stati Uniti e Gran Bretagna la fanno da padroni. Delle due, l'una: o il resto del mondo non dispone, ahinoi, di atenei altrettanto buoni, o i sistemi usati per valutare – dal numero di pubblicazioni scientifiche, alla reputazione, al rapporto tra numero di docenti e quello di studenti – tendono a favorire il sistema universitario anglosassone, dove l'accesso alle pubblicazioni e ai fondi privati per la ricerca (soprattutto negli Usa) è spesso più facile che altrove.
 
Ma anche volendo supporre che le cose stiano davvero così, c'è un altro dettaglio da non trascurare. Ad eccezione del già citato Politecnico di Zurigo (dai mille ai duemila dollari l'anno), tutte le università in questione – in buona parte private – hanno rette difficilmente accessibili ai comuni mortali senza sostanziose borse di studio: da 38 ai 42 mila dollari per il Mit di Boston e Harvard, prima e terza in classifica; dai 14 ai 28 mila per le blasonate britanniche Cambridge e Oxford, in seconda e quinta posizione; e anche nomi meno celebri non scendono mai sotto i 10 mila. Insomma, un bel salasso, sempre di essere ammessi; cosa assai più difficile, peraltro, per gli studenti stranieri.
 
La domanda sorge quindi spontanea: l'istruzione universitaria di qualità o presunta tale è anglo-americana, (spesso) privata, ed economicamente poco accessibile? Certo queste classifiche lasciano il tempo che trovano, essendo parametri e metodi di valutazione del tutto opinabili; ma suscitano quantomeno qualche interrogativo non solo sulle condizioni degli atenei di casa nostra, ma anche su che caratteristiche riteniamo debba avere una “buona” università.

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