Quanto inquinano i social media?
Nell’agosto del 2012 Gary Cook, analista di Greenpeace, ha scritto sul Guardian che Facebook stava proprio in quel periodo cominciando a prendere impegni seri per trasformarsi in un’azienda più verde, alimentata con fonti di energia interamente rinnovabili. Il primo obiettivo sarebbe stato quello del 25 per cento di energie green sul totale dei consumi entro il 2015. Ma perché, Facebook inquina? E come? E poi, anche se così fosse, perché mai dovrebbe essere interessata a mostrarsi ecosostenibile tanto da prendere degli impegni di riduzione dei consumi energetici? Procediamo con ordine.
È stato calcolato che un utente attivo di Facebook inquina mensilmente circa 269 grammi di Co2, che equivale più o meno, in termini di costi per l’ambiente, all’atto di preparare un caffè (e, aggiungo, come per il numero di caffè giornalieri, non sarebbe male porsi dei limiti anche negli accessi ai social network, tanto per non rischiare dannose controindicazioni ecologiche… oltre che psicologiche). Piccola cifra che però, se moltiplicata per oltre un miliardo di utenti, fa prevedere che il colosso social, nel 2020, consumerà quasi 2 miliardi di kW di elettricità, una cifra spaventosa.
È d’altro canto vero che l’impatto sull’ambiente dei social network e di internet nel complesso va valutato tenendo presenti più variabili. Innanzitutto che la rete ha diminuito la necessità degli spostamenti tra i popoli; oltre a ciò ha permesso la circolazione di molte informazioni utili per creare un atteggiamento consapevole nei confronti dell’ambiente. C’è da considerare poi la riduzione dell’utilizzo della carta (a patto che non si stampi tutto quello che si legge sul web) prodotta dalle tecnologie digitali.
Ciò non toglie che l’impatto di internet sull’ambiente sia stimato attorno al 2 per cento delle emissioni responsabili dell’effetto serra; una cifra che è il risultato del consumo di energia elettrica da parte degli utenti sommata al mantenimento dei data center. Questi dati hanno allarmato molti ambientalisti (e non solo), i quali si sono organizzati in gruppi di protesta con l’obiettivo di sensibilizzare i grandi colossi del web all’argomento.
In molti hanno risposto all’appello fin da subito. Yahoo! ha annunciato alcuni mesi fa un maxi piano di investimento in data center ecosostenibili, che prevede anche lo sfruttamento di fonti rinnovabili di energia e del cloud computing. L’azienda già nel 2007 aveva optato per i carbon offsets, investimenti in progetti ecologici pensati per compensare le emissioni di gas serra prodotte.
Nella stessa direzione si sta muovendo anche Google, che già nel 2012 era stata inserita al primo posto della classifica, stilata da Greenpeace, delle aziende tech con le migliori politiche di sostenibilità ambientale.
Dalla classifica era allora stata esclusa Facebook. Mark Zuckerberg, poco abituato a essere escluso da qualcosa, ha deciso quindi di ripensare le strategie ambientali della sua azienda, in modo da evitare errori che avrebbero potuto, in un futuro molto prossimo, compromettere l’immagine della sua creatura. Il tema dell’inquinamento ambientale, come altri temi sensibili, deve essere maneggiato con estrema cura da tutte quelle piattaforme che fanno della fiducia tra le persone uno dei propri punti di forza, sia comunicativi che, soprattutto, commerciali.