Quante morti! Quali morti?
Scrivo su Twitter: «Giornalista uccisa in diretta, immigrati soffocati nelle stive, bracciante sparito in Puglia, dust lady delle Twins. O dei morti banalizzati». Ieri sera, vedendo i telegiornali, e stamani leggendo i giornali sono rimasto in effetti impressionato dalla quantità di morti che sono stati evidenziati nei servizi e negli articoli. Morti così diverse, espressione di una società che non sa più dare il giusto peso al "viaggio" più importante che esista.
Innanzitutto la messa in scena mediatica, in Virginia, della vendetta personale dell'ex reporter Vester Flanagan, che voleva vendicarsi della strage di Charleston, ma forse anche del suo licenziamento, che ha ucciso la collega Alison Parker e il cameraman Adam Ward. La contaminazione da social banalizza la morte.
E poi ci sono i reiterati ritrovamenti di decine di morti nelle stive dei barconi che partono da Libia ed Egitto verso le nostre coste, gente che non ha nemmeno i soldi per pagarsi un passaggio-ponte all'aria aperta nelle compagnie di crociera clandestine in cui l'ebbrezza del rischio della morte è incluso nel prezzo.
Ancora, Marcy Borders, la donna che era diventata suo malgrado il simbolo del crollo delle Twin Towers, totalmente ricoperta di polvere, portata via da un banalissimo cancro. Infine, la "scomparsa" d'un bracciante del Mali che non avrebbe retto al ritmo della raccolta dei pomodori imposto per due lire dai "caporali", e il cui corpo sarebbe stato fatto scomparire. Banalità d'un corpo che non merita nemmeno una degna sepoltura.
La società che perde il senso della dignità della morte è gravemente malata di insensibilità alla vita, oltre che alla morte. Le sue difese immunitarie contro l'insignificanza dell'esistenza si abbassano pericolosamente. Antidoto possibile: fermarsi un istante su ognuna di queste morti, immaginarle a occhi chiusi, pregare per tali defunti, pensarli come fratelli e sorelle.