Quante facce ha la gioventù?

Sbandata, priva di riferimenti etici, quasi robotica ed esclusivamente sensoriale. Il cinema registra la vita “reale” (?) di adolescenti e giovani. Sia nella ricca e folle Los Angeles dove le ragazze ladre per gioco nelle ville dei potenti (“The bling ring" di Sofia Coppola) si divertono a provare l’emozione del furto, sia a Parigi (“Jeune & Jolie” di Ozon) in cui la diciassettenne Isabelle fa la prostituta per passione e guadagna ben 300 euro a seduta. Nessuna di loro si chiede se ciò che fanno sia bene o male: all’individualismo, alla ricerca di esplorare i propri sensi e di lasciarli vivere “in libertà”, non c’è deroga. Si fa, e basta.
Che dire allora della piccola Estela, dodici anni, che nel messicano Heli di Amate Escalante paga con una vita orribile la povertà, la droga, la violenza?
Davvero ci sono tanti mondi, non uno solo. E al dolore come alla superficiale vacuità non sembra ci possa essere un limite. Il cinema lo registra, senza commentare. Non prende posizione. Ma è sufficiente?