Quante colpe per la (triste) fine dell’orsa Daniza

Cronaca di una vicenda iniziata male e gestita peggio. Da simbolo degli animalisti a oggetto di disprezzo, la morte di questo animale ha messo in evidenza una serie di incapacità e di problemi. Un commento
L'orsa Daniza e i suoi cuccioli

Tutto ha inizio una uggiosa giornata di agosto quando un fungaiolo trentino incontra dei piccoli di orsa e, probabilmente, vista la sua stazza (un pezzo d’uomo di quasi due metri), rimane beato a guardare lo spettacolo. Una scena idilliaca se non fosse per la madre orsa (Daniza) che interviene all’improvviso, assalendo il malcapitato e procurandogli qualche escoriazione e lacerazione.

L’episodio desta subito preoccupazione nella popolazione locale, che già più volte ha avuto incontri innocui – ma ugualmente tanta paura – con l’orso. Daniza diventa un personaggio più o meno leggendario: ogni razzia di bestiame, ogni traccia nel bosco, ogni lieve danneggiamento di masi o di attrezzature agricole viene imputato al plantigrado più famoso in Italia. Gli avvistamenti si moltiplicano, come i racconti – sempre più frequenti, sempre meno credibili – di un tu per tu con l’orso.

Ma il caso del fungaiolo è la classica goccia che fa traboccare il vaso: il presidente della provincia, cedendo al partito degli anti-orso e nel tentativo di tutelarsi contro il malcontento che covava da anni, emette una delibera che ordina ai forestali provinciali di catturare “viva” Daniza. Un vero e proprio “mandato di cattura”. Squadre di dipendenti pubblici sono state sguinzagliate per le foreste del parco Adamello Brenta, come nel film “Caccia selvaggia”, ma questa volta Daniza non era munita di fucili come Charles Bronson, ma seguiva soltanto il suo istinto di madre e di animale selvatico. Veterinari ben remunerati tuttavia non hanno compiuto la missione: l’orsa non ha resistito all’anestetico con cui è stata colpita.

Un disastro per l’immagine del Trentino. Forse un epilogo ricercato fin dall’inizio. Subito dopo il “wanted” emesso dalla Provincia, puntuali si sono scatenati i social network con profili twitter e facebook creati ad hoc per Daniza ed i suoi cuccioli, pieni di commenti in difesa della famigliola.

In breve si arriva a raccolte firme virtuali che superano quota 60mila, partono hashtag per boicottare il Trentino e l’acquisto di prodotti locali. Da parte dei residenti si forma un muro in difesa dei “poveri cittadini aggrediti dall’orso”. Tale contrapposizione si accentua anche durante una manifestazione a Pinzolo pro-orsa Daniza, controllata a fatica dalle forze dell’ordine. I politici locali, ormai alle corde, preferiscono parlare poco o restare in vacanza.

Sembra non esserci via di uscita da questa situazione di contrapposizione e in questo mese di discussioni oramai tutti hanno espresso il loro parere, perfino il ministro all’ambiente che salomonicamente dice: catturiamola, ma non uccidiamola (educhiamola).

Tutto questo fino all'11 settembre, giornata di ben altre commemorazioni, che verrà ricordata anche per la morte di Daniza che “non ha retto ai sedativi sparati per la sua cattura”.

Dispiace per come è andata a finire e per le ripercussioni su un progetto “Life Ursus “, che ha trasferito Daniza nel 2000 dalla Slovenia (dove, ricordiamo, la popolazione di orsi è ben più numerosa che in Italia) e che ha portato la popolazione a circa 40 esemplari quasi tutti ben integrati nel territorio Trentino, che in alcune zone è un habitat perfetto per gli orsi.

Dispiace per un Parco Naturale, l’Adamello Brenta, ed i suoi bellissimi territori, che era riuscito finalmente a svolgere uno dei suoi compiti fondativi,  ovvero aumentare la biodiversità del territorio reintroducendo una specie presente fino agli inizi del 900.

Una vicenda gestita male, non solo per il suo esito, ma per la dimostrata incapacità di distinguere un progetto ambientale da tragedie ben più grandi, che riguardano migliaia di persone in fuga da guerra e persecuzione. I toni sono stati troppo accesi, da una parte e dall’altra, da chi ridicolizza la dignità anche di un’orsa con i suoi cuccioli e da chi erge Daniza a simbolo della vita o della democrazia.

Gli uomini, in particolare i montanari, silenziosi e dal cuore grande che solo 100 anni fa hanno iniziato su queste montagne il calvario della prima guerra mondiale, hanno bisogno di trovare un equilibrio con il loro territorio accettando la presenza degli animali nella misura in cui riescono a farsi partecipi della vita e dei dolori dei loro simili in un circuito di armonia e amore che lega da sempre la madre terra al cielo.

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