Quando Voltaire nasce ad Alessandria
L’eco mondiale registrata in poche ore dalla notizia della morte di Umberto Eco (avvenuta a Milano la sera del 19 febbraio, per un tumore diagnosticato due anni fa) è una conferma della notorietà e del prestigio internazionale che circondavano da decenni la sua figura e la sua opera.
Lo dimostrano le sue 40 lauree “honoris causa” ottenute in Europa e nelle Americhe, le traduzioni dei suoi libri più celebri in tutte le lingue principali (e non solo), la stima dichiarata di tanti illustri intellettuali e studiosi stranieri, la frequente partecipazione di Eco a convegni internazionali e le continue conferenze da lui tenute presso università, istituti e fondazioni di tutti i continenti.
Con Umberto Eco scompare uno dei pochi autori e personaggi a cui si possa dare, oggi in Italia, il titolo di “grande intellettuale”. E questa grandezza, che il tempo spiegherà meglio, si fonda sia sulla solidità e altezza della dimensione scientifica di Eco – pioniere della semiologia e delle scienze della comunicazione in Italia (nonché dell’informatica) e docente universitario di queste discipline per 50 anni –, sia sulla sua brillantezza, vivacità, attenzione e presenza come pubblicista e osservatore della realtà e del costume sociale in Italia e nel mondo.
Nella prima veste Umberto Eco ci ha lasciato contributi capitali come il Trattato di semiotica generale (1975) e Semiotica e filosofia del linguaggio (1984), nell’altra ci sono i suoi innumerevoli interventi sulla stampa quotidiana, periodica e specializzata (molto meno in tv, che chiaramente evitava). Ma Eco è stato pure un narratore molto apprezzato da critici e lettori, in Italia e all’estero. I suoi due romanzi più celebri, Il nome della rosa (1980) e Il pendolo di Foucault (1988), sono stati dei best-seller mondiali. Dal primo dei due è stato tratto negli anni ’80 un film con Sean Connery e Abraham Murray.
Da buon piemontese austero e asciutto (era nato ad Alessandria nel 1932), Umberto Eco non era malato di protagonismo, ma i suoi interventi, articoli, commenti erano sempre tempestivi e lasciavano il segno. Ci mancherà la sua cultura e serietà, la sua libertà e onestà intellettuale, il suo essere non conformista né prevedibile, fuori dagli schemi e a volte politicamente scorretto, la sua intelligenza e soprattutto la sua ironia. Di volterriano della provincia piemontese, pensoso e non vanesio.
È interessante sapere che da giovane studente Eco era stato dirigente dell’Azione Cattolica. Lasciò la Giac per lo stesso motivo per cui, più o meno contemporaneamente, se ne era staccato Carlo Carretto, e cioè le divergenze con Luigi Gedda. Due strade diverse (Eco si allontanò anche dalla fede), ma entrambe grandi.