Quando sei nato non puoi più nasconderti
Dopo le precedenti pellicole su fatti e periodi della storia italiana, Giordana ha desiderato occuparsi di una realtà attuale, quella dell’immigrazione clandestina. La sceneggiatura, tratta dal romanzo-inchiesta omonimo di Maria Pace, narra le vicende di un ragazzo, che prova interesse per i lavoratori di colore della sua città, cade in mare da una imbarcazione del padre, ricco industriale, viene salvato da dei clandestini, che stanno arrivando su un mezzo di fortuna, e stringe amicizia con due di loro, suoi coetanei. Ma il film racconta anche la sua crescita adolescenziale e il suo aprirsi ai problemi dei bisognosi, offrendo un mirabile esempio di sensibilità altruistica. Ci introduce ad un mondo di difficoltà e solitudini, alle quali allude anche l’insolito titolo, traduzione del nome di un immigrato africano. E mostra, pure, come la consi stente presenza degli extracomunitari interferisca con le nostre vite. Siamo a Brescia, la prima città multi-etnica, come afferma Giordana, che è insieme generosa e piccina, solidale e borghese, ambivalente nei rapporti familiari e sociali. Tuttavia essa è osservata dallo sguardo semplice di un bambino, capace di trascurare le certezze dei luoghi comuni e di salvarla con il candore di chi considera possibile il cambiamento. Ci troviamo di fronte alla scelta del regista di puntare alla complessità dei comportamenti, avvincente e stimolante, anziché ad una semplificazione manichea da slogan politici. Ed egli, appunto, rivendica al cinema la capacità di evitare le forzature dell’informazione, che propinano contrapposizioni tra buoni e cattivi, e sceglie di non mostrare né razzismo, né ipocrisia caritatevole. Il film ha una sua eleganza formale e poggia su buone interpretazioni, in particolare su quella assai indovinata dell’adolescente. Il contenuto, doloroso e spiazzante, non è tragico e il finale arriva ad impegnare lo spettatore. Nella convinzione che alla legge scritta, che prevede di respingere gli irregolari, il cuore preferisce la legge del mare, che sprona a soccorrere chi è nel pericolo, l’ultima scena, con i due giovanissimi seduti sul marciapiede e quasi taciturni, rimanda all’interiorità: in essa arrendersi all’amarezza della reale condizione di tanti oppure volgersi con coraggio alla ricerca delle soluzioni. Regia di Marco Tullio Giordana; con Matteo Gadola, Vlad Alexander Toma, Esther Hazan, Alessio Boni, Michela Cescon. Raffaele Demaria