Quando scegliere è difficile
A volte, davanti alla scheda elettorale, si ha l'impressione di trovarsi in un vicolo cieco. Astenersi, votare scheda bianca o fare comunque una scelta?
Ti sarà capitato, a volte, in occasione degli appuntamenti elettorali, di provare la sensazione sgradevole di trovarti davanti ad un crocevia in cui, qualunque strada tu scelga di imboccare, andrai comunque a finire in un vicolo cieco. È come essere posti davanti ad una alternativa del tipo «preferisci romperti un braccio oppure romperti una caviglia?». Che criterio usare per la scelta in simili casi? È meglio astenersi? Andare a votare scheda bianca? O vale la pena di fare comunque uno sforzo ulteriore per scegliere chi votare?
Astenersi
L’astensione dal voto è la rinuncia all’espressione di un diritto-dovere riconosciuto dalla nostra Costituzione. Chi si astiene è ben consapevole che personalmente intende non partecipare alla scelta dei propri rappresentanti: altri cittadini sceglieranno (anche per lui) quanti governeranno il suo Paese o amministreranno il suo territorio. Chiunque sia a governare o ad amministrare, lui continuerà a vivere la sua vita. Naturalmente, però, non avrà alcun titolo a lamentarsi per un cattivo governo o per una cattiva amministrazione. Non si tratta di una protesta, ma di una sospensione del giudizio, di cui né chi governa né chi andrà all’opposizione terrà conto: non contiene infatti alcun messaggio né di consenso né di dissenso. Dal punto di vista del quorum dei votanti la sua astensione non conterà nulla né a vantaggio di chi vince né di chi perde le elezioni.
Votare scheda bianca
Recarsi a votare e depositare una scheda bianca nell’urna è una scelta diversa: l’elettore sta comunque manifestando volontariamente la sua partecipazione alla consultazione elettorale, scegliendo tuttavia di non esprimere una preferenza per alcuna delle coalizioni, per alcuno dei partiti e per alcuno dei candidati in lizza, perché non si riconosce in nessuna delle opzioni che gli vengono offerte. È anche questa una rinuncia a scegliere, ma ha comunque un significato politico, lancia un messaggio a tutti i partiti e li invita ad una riflessione: «non siamo stati in grado di proporre programmi e candidati credibili; la prossima volta, forse, ci converrebbe fare uno sforzo in più per rendere più appetibili i nostri programmi e per selezionare meglio i nostri candidati». Dal punto di vista “pratico”, tuttavia, anche chi vota scheda bianca, di fatto, non si cura molto di chi in ogni caso risulterà eletto. Altri hanno scelto anche per lui. Allo stesso modo di chi si è astenuto, non potrà lamentarsi di quanti amministreranno il suo territorio. Dal punto di vista del quorum dei votanti, le schede bianche vengono computate al pari delle schede di coloro che hanno espresso una preferenza per la determinazione delle percentuali ottenute da ciascuna coalizione e da ciascun partito.
Sforzarsi di scegliere
Certo se, paradossalmente, tutte, proprio tutte, le liste in competizione fra loro fossero infarcite di candidati improponibili (per mafia, ‘ndrangheta, collusioni col malaffare e con la massoneria deviata), l’astensione per questi motivi sarebbe veramente una tentazione forte! Bisognerebbe però avere fatto veramente tutto lo sforzo possibile per approfondire le nostre conoscenze sui programmi e sui candidati di tutte le liste per arrivare a questa conclusione estrema. A volte si può anche decidere di votare “per il male minore”, contribuendo, da cittadino-attivo, a contrastare quello che si ritiene il “male maggiore”. In questi casi, può venirci in aiuto il ricordare la mediazione di Abramo con Dio per tentare di evitare che la sua collera distrugga Sodoma e Gomorra: «Signore, davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta (40, 30, 20, 10…) giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere?». Ed il Signore promise che se avesse trovato almeno dieci giusti in quella città, per riguardo a loro non l’avrebbe distrutta: forse anche Lui in quella circostanza aveva fatto l’opzione per il “male minore”.