Quando sarai mamma, capirai…
Astrocitoma al quarto stadio: non procura dolore, ma toglie gradualmente ogni capacità, finché andrà a spegnersi…. Che botta questa diagnosi: una donna come mia madre, che spostava le montagne, ora dipende in tutto e per tutto da altri, senza contare che comincia a perdere colpi anche a livello di lucidità. Il rapporto tra noi non è mai stato facilissimo: troppo diverse, non come mia sorella che ha sempre vissuto in simbiosi. Lei, però, è stata presente sempre nella mia vita, soprattutto nei momenti di difficoltà, magari con un modo di vedere e di vivere le situazioni diverso dal mio, profondamente ancorato alla realtà. Preziosa la sua presenza dopo ogni figlio che ho avuto: forse è da lì che ho cominciato a comprenderla di più. Quando sarai mamma, capirai! era solita ripetere. È vero, certe esperienze bisogna viverle… Non verrò più ad aiutarti, sai, Lory, non me la sento più… è il suo saluto sulla porta di casa quando riparte, dopo la nascita di Matilde. Sento una morsa al cuore: ci abbracciamo tra le lacrime, consapevoli della verità racchiusa in quelle parole. Mentre è in viaggio le scrivo una lettera: Mamma carissima, sei partita da circa un’ora e le lacrime continuano a solcare il mio viso, come penso anche il tuo, per questo taglio sul vivo. Oggi, stringendo tra le braccia Matilde, mi è parso di capire un po’ di più quel che puoi aver provato nei miei confronti quando avevo anch’io la sua età, quel profondo misto sentimento di amore, tenerezza, protezione… Perdona la mia ingratitudine, per tutto quanto ti ho fatto e ti farò ancora soffrire, ma sappi che ti voglio bene con tutta me stessa, anche se non so dimostrarlo! C’è chi sostiene che chi ha un carattere duro soffre meno di altri… non è vero, te l’assicuro, talvolta serve per proteggersi, per non lasciarsi coinvolgere troppo dalle situazioni… A volte, invidio la Mary che ti ha lì a due passi ed è circondata da aiuti di ogni tipo, mentre io ho sempre dovuto pagarmi tutto nella vita (e non parlo solo dell’aspetto economico)… Grazie ancora per tutto, anche solo della tua presenza! Un forte abbraccio, tua Lory. Ma non ti sembra di esagerare un po’? chiedo un giorno a Dio, in uno dei miei dialoghi… È appena stato diagnosticato un linfoma alla mamma di mio marito, recentissimo è il lutto che ha colpito la mia famiglia con la partenza di Nicoletta, mia cognata… ed ora, pure questo? Dicono che Dio sa a chi può chiedere, sostenendolo con la sua grazia. Io credo, in realtà, che lui ci proponga delle prove di fedeltà come ha fatto a Giacobbe, chiedendogli in sacrificio il figlio Isacco… Sta a noi rispondergli ogni volta sì o no e, nella prima ipotesi, ci porta un gradino più avanti, ci avvicina a sé, ci purifica un po’… Nel mistero meraviglioso che è la vita, penso sia fondamentale stare un po’ al Suo gioco. Credo che Nicoletta abbia saputo giocare, senza mai arrendersi: è questo che l’ha resa grande, sempre sorridente anche se tanto provata e consapevole del suo destino. Stanotte, all’ennesimo richiamo della mamma, mi è venuto da chiedermi che senso abbia questo patire… È come un logorio continuo e papà (ottant’anni compiuti!) è veramente stanco di accudirla. In cuor mio, mi sembra gli sia chiesto davvero tanto dopo una vita di stenti e fatiche e mi verrebbe da ribellarmi, perché sono certa che la mamma non merita tutto ciò. Mi sento un’ingrata, perché so che Dio mi ama, me lo ha già ripetutamente dimostrato, ma ogni volta è rinnovare un atto di fede. Lo guarda intensamente, a lungo, tanto da farmi chiedere: Mamma, perché guardi papà in quel modo? Cosa provi in questo momento?. Gli voglio bene, certo in maniera diversa dall’inizio, ma, se non lo vedo per un’ora, mi sembra un secolo…. Sorrido. Penso che l’amore in tarda età e, soprattutto in quelle condizioni, sia proprio caratterizzato da estrema tenerezza, frutto di tanta pazienza, complicità, conoscenza, sopportazione… Hanno compiuto cinquant’anni di matrimonio! Ci siamo sempre chiesti, noi figli, cos’avessero in comune i nostri genitori per sposarsi, tanto erano diversi per mentalità, interessi, gusti: eppure hanno raggiunto un bel traguardo e per noi rappresentano un esempio di fedeltà incredibile… Forse è stato l’amore per noi che ha dato loro la forza per andare avanti e trovare una dinamica di adattamento reciproco. E poi, non si sono mai chiusi, nonostante le burrasche; forse, la vera tomba dell’amore è proprio la chiusura. Posso dire che siamo sempre stati una famiglia molto unita, vuoi per le avversità, vuoi per l’azione collante della mamma. Il suo far partecipi noi figli gli uni della vita degli altri nel bene e nel male è stato determinante; ma se per noi è sempre andato bene così, anzi, era l’unico modo che conoscevamo di fare, col formarsi delle rispettive famiglie, qualcosa di questi equilibri è andato incrinandosi. Se, per i mariti, entrambi figli unici, ciò ha rappresentato una ricchezza, per le mogli (noi donne siamo più difficili!) poteva non essere così importante che qualcuno fosse partito per un viaggio, un altro avesse avuto bisogno del medico, l’altro ancora pensasse di cambiare macchina. E così la mamma s’è trovata a mettere toppe a destra e a sinistra, finché ha imparato a fornire informazioni solo su richiesta. Dev’essere stata una bella fatica, per lei, col suo temperamento da chioccia, ma ha saputo mettersi in discussione anche a tarda età. Questo credo sia uno dei suoi più grandi pregi: è lo stesso che nel 1978 l’ha fatta partecipare ad una Mariapoli, per trovare delle risposte. Ci aveva portate con lei, bambine, e come tali simili a spugne pronte ad imbeversi di ciò che vedono e vivono.Ne serbo un ricordo vivissimo: se ho incontrato Gesù in persona lo devo a lei, a mia madre. Come pure, probabilmente, questa capacità di mettermi in discussione, questa volontà di migliorarmi, smussando via via un po’ di spigoli del mio carattere.