Quando lo sport vince le barriere
Palestinesi ed israeliani insieme, almeno per qualche giorno, in occasione dei JPII Games 2010 in corso di svolgimento nella Terra Santa.
Il mondo dello sport, a volte, riesce ad arrivare prima anche della più abile politica estera. I meno giovani ricorderanno ad esempio quello che successe ai mondiali di calcio del 1974: per uno strano scherzo del destino la nazionale di casa, la Germania Ovest, si ritrovò inserita nello stesso girone eliminatorio della Germania Est. E mentre le diplomazie dei due stati guardavano al match tra le due nazionali con non poca preoccupazione, i giocatori ed i tifosi dei due paesi dettero nello stadio uno spettacolo del tutto imprevisto: i giocatori in campo, festeggiando insieme il passaggio del turno, i tifosi sugli spalti, regalando applausi per tutte e due le rappresentative. Un primo germoglio di quella unità tra le due nazioni che si sarebbe raggiunta solo molti anni dopo.
Più recentemente, alle Olimpiadi di Pechino 2008, si ricordano altri due episodi ricchi di significati che vanno oltre lo sport: l’abbraccio sul podio tra una tiratrice russa ed una georgiana proprio nei giorni di massima tensione nella guerra tra i rispettivi Paesi, così come quello tra l’iraniano Hadi Sedi e lo statunitense Steven Lopez, rappresentanti di nazioni storicamente “nemiche”, nel taekwondo. «Lo sport avvicina le nazioni, a prescindere dalla politica», sottolinearono i due facendosi fotografare insieme tra lo stupore di molti dei presenti. Domenica scorsa non era in programma né una gara olimpica né di un campionato del mondo, eppure il messaggio che lo sport ha mandato dalla Terra Santa è di quelli che si commentano da soli.
Ore otto del mattino, piazza della mangiatoia di Betlemme. Nell’ambito dei JPII Games, manifestazione intitolata a Giovanni Paolo II ed organizzata dall’Opera Romana Pellegrinaggio e dal Centro Sportivo Italiano, 350 corridori si presentano al via della settima edizione della Maratona della Pace. Tra loro molti campioni dello sport italiano, come il pallavolista Andrea Zorzi e la nuotatrice Cristina Chiuso, molti dirigenti sportivi, tra cui il presidente del nostro Comitato Olimpico Gianni Petrucci, e poi maratoneti italiani, palestinesi e … israeliani. Sì, proprio così, tra gli atleti al via ci sono anche 5 israeliani. Un fatto storico, considerando che Betlemme è luogo normalmente “vietato” ai cittadini dello stato ebraico!
La corsa si sviluppa attraverso un percorso di dieci chilometri fino al centro di Gerusalemme. Intorno alle nove e trenta il gruppo dei partecipanti arriva al “check point”, il luogo nei pressi della Tomba di Rachele normalmente frequentato solo da militari e dai pendolari palestinesi che aspettano il permesso di attraversare il muro in cemento armato alto 8 metri che divide Israele ed i Territori Palestinesi. Appena attraversato il confine gli atleti israeliani e palestinesi si abbracciano sotto i flash dei fotografi presenti. Un ragazzo palestinese si commuove: per lui è la prima volta che ottiene il permesso di entrare in terra israeliana.
Qui, all’ombra delle torrette che ospitano i militari, la giornata vive un altro momento ricco di significato: un triangolare di pallavolo vede protagonista una squadra allestita dalla municipalità di Gerusalemme in rappresentanza di Israele, una selezione messa in campo dalle comunità cristiane palestinesi e una formazione composta da una delegazione di 10 tra le migliori pallavoliste under 18 italiane. La gara, dal punto di vista tecnico, ha poco valore. Ed è anche vero che le ragazze hanno giocato senza divise ufficiali, ne bandiere. Ma chi era presente ha assistito ad un qualcosa che in questi luoghi verrà ricordato a lungo considerati i rapporti esistenti (o forse sarebbe meglio dire non esistenti …) tra questi due popoli.
«E’ stata un’esperienza molto emozionante anche dal punto di vista personale. A volte si hanno percezioni positive che restano deluse, invece questa volta le attese sono state addirittura superate. Spesso c’è un po’ di demagogia quando si parla di sport e pace, ma in questo caso ho vissuto sensazioni indimenticabili», ha affermato il presidente della Federazione Italiana Pallavolo, Carlo Magri.
Purtroppo non è tutto oro quel che luccica e non sono certo mancati momenti di forte tensione. Come avvenuto la sera prima della maratona quando un gruppo di manifestanti ha fatto irruzione nella sala dove era in corso la cerimonia inaugurale dell’evento mostrando cartelli scritti in italiano che criticavano il muro di divisione costruito da Israele lungo il confine con i territori palestinesi. O come avvenuto quando a una cinquantina di ragazzi di Gaza non è stato dato il permesso di partecipare all’evento. Non c’è da meravigliarsi perché, rappresentando lo specchio della società, lo sport ne sottolinea anche i suoi lati negativi. Ma lo sport, fortunatamente, ha soprattutto in sé la specifica capacità di esaltarne maggiormente quelli positivi, diventando spesso occasione unica di socializzazione, conoscenza reciproca, solidarietà. E, a volte, con la capacità di precorrere anche i lunghi tempi della diplomazia politica.