Quando lo sport muove persone e idee
Crescere come sportivi per crescere come cittadini, non è impossibile: se ne discute nel convegno internazionale promosso da Sportmeet, che comincia oggi a Castel Gandolfo
«Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose. Ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione». Dopo 23 anni di carcere, Nelson Mandela, a cui si deve questa frase, eletto presidente, inventò la più audace e improbabile delle scommesse: usare il rugby, lo sport dei bianchi, per unire i sudafricani e sconfiggere il nemico contro cui aveva speso tutta la vita: l’apartheid. E ci riuscì, grazie alla vittoria del Sudafrica sui neozelandesi, un momento memorabile ed emblematico nella storia dello sport e della sua nazione.
Perché lo sport riesce magicamente ad emozionare e coinvolgere? Perché ha questo potere di far cadere le barriere, di far muovere, in tutti i sensi, le persone e le loro idee? Lo sport fa parte della natura dell’uomo, della biologia della specie: gli consente di sviluppare il proprio cervello, selezionando schemi sensoriali e motori, e gli permette di sperimentare un senso di efficacia e di controllo su di sé, sul proprio corpo, sui propri stati emotivi e sull’ambiente e di sviluppare capacità ed autonomia.
Nelle nostre città molte persone sperimentano fragilità e vulnerabilità, frutto di una sopravvalutazione dell’individuo, privo delle costrizioni, ma anche della protezione, dei vincoli sociali. In questo contesto è risorsa ambita la visibilità sociale: un appello – “guardami, guardami” – più che mai vivo anche nello sport, definito dagli psicologi una “tragica illusione” per la quale l’ammirazione viene confusa con l’amore. L’attività sportiva può essere ricercata come scorciatoia per raggiungere un senso, illusorio, di stabile identità in una società in cui questa impresa si fa sempre più improba. Segnali nuovi vengono dall’attenzione sempre maggiore verso discipline creative, non tradizionali, o agli sport estremi, che fanno leva sul mettersi alla prova, o alla pratica fisica in centri benessere, salutistica, ma influenzabile da condizionamenti commerciali e di immagine, dove gli sportivi non sono praticanti, ma clienti.
Solo il 3 per cento degli istruttori sportivi è laureato in scienze motorie: se lo sport è da considerarsi un percorso educativo, perché le nostre società sportive sono sempre più un ambiente selettivo, non inclusivo, discriminante, finalizzato solo all’agonismo? Quanto pesano sullo sport gli interessi economici e di immagine? Un libro, Le mafie nel pallone (Edizioni Gruppo Abele), denuncia quanto il pallone offra in soldi, consenso e potere: scommesse, clandestine e no, ultras che hanno in appalto parte dei biglietti, possibilità di riciclare capitali sporchi acquistando una società, o di esportarli comperando un giocatore in un Paese africano o sudamericano.
Eppure, affermava Howard Cosell, «lo sport è il reparto giocattoli della vita umana». Per questo non siamo disposti a rinunciarvi o a vedercelo distruggere. Quando alla sociologa tedesca Dorothe Solle venne chiesto come spiegherebbe ad un bambino cos’è la felicità, rispose: «Non glielo spiegherei: gli darei un pallone per farlo giocare».
Sportivi a congresso
È possibile superare l’aspetto spettacolare dello sport? È possibile riscoprire le capacità di essere agente di cambiamento sociale e culturale in grado di ricreare nuovi rapporti e relazioni positive? È possibile, attraverso lo sport «muovere le persone e muovere le idee»?
A queste domande vuole cercare di trovare risposte il congresso internazionale promosso da Sportmeet, dal titolo, appunto, Sport moves people, moves ideas, in programma a Castel Gandolfo dall’8 al 10 aprile prossimi (www.sportmeet.org per info e adesioni). Riflessioni di esperti internazionali, testimonianze e workshop in un convegno aperto a sportivi di ogni livello, insegnanti e allenatori, dirigenti e operatori dello sport, studenti e docenti di scienze motorie. Tra i molti relatori di valore, Gianni Rivera, responsabile del settore giovanile e scolastico della Federcalcio, gli allenatori professionisti di basket Valerio Bianchini e Marco Calamai, l’olimpionico di canoa Oreste Perri.