Quando lo sport è pura passione

Intervista ad Andrea Minguzzi. Oro olimpico, poco celebrato, nella lotta greco-romana.
Andrea Minguzzi

A casa Minguzzi lo sport fa parte del Dna di famiglia. Papà Massimo, buon lottatore, ha fatto scoprire questa disciplina ai figli sin da piccoli. Così oggi la praticano Valentina, Luca e il piccolo Mirco, ma è Andrea quello che almeno sino ad ora ha raggiunto i risultati migliori. La sua specialità è la greco-romana. Intendiamoci, nulla a che vedere con il wrestling che spesso appare in tv e dove “pseudo lottatori” combattono sul ring, a volte addirittura mascherati, facendo finta di suonarsele di santa ragione. Qui parliamo di tutt’altra cosa, di uno sport vero che, come suggerisce Andrea, «sarebbe l’ideale da far praticare ai bambini, considerando che insegna ad affrontare durante gli incontri delle difficoltà che poi si possono ritrovare in altra forma nella vita di tutti i giorni».

 

«È una disciplina davvero completa – continua Andrea – che fa crescere dal punto di vista fisico e mentale. A volte può capitare, ad esempio, di dover affrontare chi è più alto e più forte di te, e allora sei messo davanti alle tue “paure” e devi ragionare per cercare di impostare le tecniche di combattimento proprio in funzione dell’avversario che hai di fronte. Devi cercare di capire quali sono i suoi punti deboli, per provare a superarlo».

 

Purtroppo in Italia la lotta ha pochi sponsor, pochissimi passaggi televisivi e quindi un numero di praticanti molto limitato. D’altronde, se non se ne parla mai, come si fa ad appassionarsi a questo sport? Andrea per sua fortuna lo deve al papà, che prima lo ha fatto giocare sul letto di casa, ad Imola, e poi a soli sei anni lo ha portato ad allenarsi in palestra. Successivamente il nostro atleta si è fatto le ossa a Faenza, sotto lo sguardo vigile di Vincenzo Maenza, l’indimenticato “Pollicino”, capace di vincere in questa disciplina ben tre medaglie olimpiche tra Los Angeles 1984 e Barcellona 1992. Arrivato gradualmente al livello dei migliori, Andrea ha conquistato poi due medaglie di bronzo ai Campionati europei e l’oro ai Giochi di Pechino 2008.

 

Vincere le Olimpiadi: un sogno che diventa realtà! In tante discipline, con un traguardo del genere, fama e celebrità sono assicurate per lungo tempo. Ma ci sono medaglie e medaglie. E l’oro di Andrea è uno di quelli che si dimenticano in fretta. Tanto è vero che oggi può girare tranquillamente per Roma, la città dove lavora e si allena (fa parte del Gruppo sportivo della Polizia), senza essere fermato e riconosciuto quasi da nessuno!

«Per due mesi non ho avuto un attimo di tregua, un’intervista ed un invito dietro l’altro. Poi tutto è tornato come prima. Ma la cosa non mi ha dato fastidio perché in fondo quel che conta davvero per un atleta è la sua soddisfazione personale, nel mio caso l’orgoglio di essere riuscito ad affermarmi in una disciplina che in Italia vanta pochi praticanti, pochi soldi e dove quindi è forse ancora più difficile emergere a livello internazionale rispetto ad altri sport più “celebrati”».

 

Dialogando con Andrea si intuisce la passione che lo anima. Lo si capisce quando ci parla ad esempio di come va vissuta una sconfitta. «Sulla materassina bisogna saper accettare quando le cose non vanno bene. È brutto vedere un atleta che perde e colpevolizza tutti tranne sé stesso: una volta è colpa dell’allenatore che non gli ha dato il consiglio giusto, un’altra dell’arbitro, un’altra ancora dell’avversario che è stato scorretto».

 

Adesso, dopo una lunga assenza causata da diversi problemi fisici, il nostro campione sta ricominciando a gareggiare. Prossimo obiettivo le Olimpiadi del 2012, dove riconfermarsi sarà difficile e, visto il livello degli avversari, probabilmente sarà impegnativo anche solo riuscire a qualificarsi. Ma Andrea ci proverà con tutte le sue forze. E chissà che qualche bambino, vedendolo combattere a Londra, non possa poi provare ad imitarlo. Questa sarebbe certamente una delle sue vittorie più belle.

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