Quando l’amore viene fatto a pezzi

Al teatro Il vascello di Roma, fino al 14 aprile, uno spettacolo da non perdere sull'amore che, quando finisce, diventa recriminazione, accusa, ma può anche lasciare uno spiraglio alla comprensione
Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi

Di spettacoli sulla crisi di coppia, sull’amore che finisce, sui risentimenti sbattuti in faccia per far male all’altro, sulla comunicazione interrotta, è piena la scena contemporanea. Ma una scrittura drammaturgica come questa di Pascal Rambert, autore e regista de Clôture de l’amour, (vincitore in Francia del Gran premio della drammaturgia 2012, tradotto in numerose lingue e in scena in diversi Paesi del mondo) non si era ancora vista a teatro.

Il macht a due che lo scrittore francese mette in scena è devastante. Sia per le parole che i protagonisti “vomitano”, sia per la resistenza fisica che implica per la quasi immobilità di oltre novanta minuti, durante i quali i due amanti si fronteggiano con due lunghi monologhi. Anna e Luca entrano in una luminosissima sala-prove dotata di due panche e di sbarre alla parete per gli esercizi di danza. Capiremo più avanti che i due sono forse due danzatori o forse due attori. Ma poco importa. Quel luogo di prove, di allenamento, si rivela il più indicato per annunciare e decretare la fine di un amore.

Appena entrati Luca dice ad Anna che non l’ama più. Lei rimane pietrificata. Non riesce neanche a poggiare a terra lo zainetto che tiene fra le mani. Rimarrà immobile, scossa via via da lievi fremiti e piegamenti delle gambe e del busto, per quarantacinque minuti ascoltando e guardando Luca che, inarrestabile, le butta addosso tutta la rabbia e i risentimenti che giustificano la sua decisione. Pone domande, ma impedisce a lei di rispondere. Cerca un avvicinamento, ma si allontana mantenendo una distanza. Il suo ragionamento segue un percorso mentale razionale, crudele e sarcastico, che trova parole ricercate, velenose, mortali. 

Sono parole taglienti come lame affilate, che annientano, feriscono, uccidono. Cancellano improvvisamente il passato, il  bene vissuto, la felicità sperimentata, e sanciscono il decesso di una lunga relazione maturata anche con l’arrivo dei figli. Prima che tocchi a lei, ad allentare la tensione ci pensa un gruppetto di quattro bambini che irrompono nella sala chiedendo di poter provare una canzone. Cantano Bella di Jovanotti, poi se ne escono.

Adesso tocca ad Anna la quale trattenendo prima le lacrime, poi recuperando tutte le forze,  risponde punto per punto all’elenco di cattiverie ascoltate, denigrandolo a sua volta, ribattendo alle critiche per espellere il fiele iniettato nella sua anima. La sua voce attinge da dentro. E lui è immobile ad incassare le parole di lei, accusando i colpi che lo fanno cedere nelle gambe. Eppure, in questo finale di partita senza rivincita, in questo precipizio senza fondo, in questa voragine di spietatezza, subentrano parole come “tutto è redimibile”, e la richiesta estrema di essere presa per mano e condotta via da quel dolore, che vorrebbero aprire spiragli  per evitare di precipitare definitivamente nell’inferno. E si intuisce come potrebbe ribaltarsi se ci fossero sentimenti di perdono, di misericordia, di comprensione.

Lo spettacolo si chiude con i due che indossano, guardandosi e poi rivolti verso gli spettatori, dei copricapi di piume azzurre. Forse quelli degli esotici uccelli del paradiso? Loro sono Luca Lazzareschi e Anna della Rosa, superbi nella recitazione tutta nervi e pancia, e nel tenere sempre alto il climax, senza cedimenti.

Al teatro Il vascello di Roma, fino al 14 aprile.
 

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