Quando l’amore soffoca
Sono oltre cento le donne ucccise nel 2012 dall'inizio dell'anno, secondo i dati diffusi da Telefono Rosa, una delle principali associazioni italiane contro la violenza sulle donne. Si è passati da un omicidio ogni tre giorni, registrato l'anno scorso, a uno ogni due giorni. E nella maggior parte dei casi gli autori di questi delitti sono mariti, ex fidanzati, o comunque persone che rientrano nella cerchia affettiva delle vittime.
L'87 per cento delle donne che hanno chiesto aiuto a Telefono Rosa hanno subito violenze in famiglia o da quelli che potevano ritenere fossero "i loro cari": numeri che raccontano una delle peggiori piaghe sociali del nostro Paese: piaga che ritorna di tanto in tanto alla ribalta soltanto grazie a drammatici episodi di cronaca, come l'uccisione – avvenuta proprio un mese fa – di Carmela Petrucci, diciassettenne palermitana intervenuta per difendere e salvare la sorella Lucia dalla “furia omicida” del suo ex ragazzo.
«Sono omicidi avvenuti in nome dell’amore, ma in realtà frutto di una violenza inaudita», la presidente di Telefono Rosa, Maria Gabriella Moscatelli, mette in luce il punto centrale di questo fenomeno: l’amore che diventa possesso, l’amore che arriva ad imprigionare e soffocare la libertà dell’altro, che non è più qualcuno con cui crescere insieme, ma un riempitivo per colmare un proprio vuoto.
Illuminanti a tal proposito sono le parole che l'arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo, ha rivolto ai giovani durante i funerali di Carmela: «La relazione con l’altro è l’incontro tra due libertà, tra due dignità tra due volontà. Per questo l’altro può anche deludermi. È un suo diritto. E per questo io non posso disporne a mio piacimento. È un mio dovere. Quando penso che l’altro debba essere esattamente come dico io, a mio uso e consumo… Quando penso di gestire la sua vita, ma soprattutto quando lo penso esclusivamente per me, ossia quando confondo l’amore con il possesso… ogni volta che l’altro si dimostra come è realmente, cioè diverso da me, corro il rischio di rimanere deluso, di percepire la sua diversità e la sua libertà come un rifiuto. E così le vie più semplici ed immediate, compresi risentimento e violenza, possono essere le più battute per far valere le mie ragioni. Cari giovani non lasciatevi ingannare da un modo di entrare in relazione che non rispetta la libertà!»
Basterebbe accogliere queste parole per entrare nella logica di un amore che non è padronanza dell’altro, bensì dono gratuito e accettazione dei limiti e delle debolezze che, se condivise, diventano sprone a continuare il cammino con maggiore forza e determinazione.
Fin troppo spesso la donna è stata vista come oggetto, quindi “proprietà” di qualcuno; è ora di riscoprirla come una meraviglia da accogliere e amare giorno per giorno, rispettandone la libertà e la dignità.
Tante le associazioni che in Italia hanno preso a cuore questo fenomeno, sempre più dilagante e strisciante, soprattutto per spingere le donne a denunciare abusi e oppressioni: tra queste Telefono Rosa, nata nel 1988 che offre un call center dedicato alle donne, consulenze gratuite dal punto di vista civilistico, penale, sessuale, psicologico, ma anche case di accoglienza, attività di formazione e ricerca.
Ma ci sono anche "Nondasola", "Seroviolenzadonne" e, tra le più recenti, "Doppiadifesa", fondata da Michelle Hunziker e dall’avvocato Giulia Buongiorno che si occupa del terribile e non meno pericoloso fenomeno dello “stalking”. Anche qui viene fornito sostegno psicologico e civile a chi ha subito questo particolare tipo di violenza, che talvolta si tramuta in vere e proprie persecuzioni, e si mette al centro di ogni iniziativa una corretta formazione sul problema: la cultura viene infatti vista come l’arma più efficace per combattere la violenza. Spesso, infatti, chi ha subito una violenza crede di essersela meritata; e altrettanto spesso, non percepisce la gravità delle aggressioni di cui è stato vittima.
A questo proposito, è bene ricordare che il Parlamento italiano ha approvato qualche tempo fa una normativa sul fenomeno dello “stalking” con cui si punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Lo scorso 20 settembre l’Italia ha poi finalmente aderito alla Convenzione di Istanbul in materia di «prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica».
In esso si spiega che la causa, e la conseguenza della violenza contro le donne è diretta conseguenza delle ineguaglianze di genere ed è perpetuata dalla cultura del silenzio. E che la violenza domestica è quel genere di violenza che si estende ben oltre le mura del focolare, perché figlia anche dei legami che si sono venuti a creare nel tempo.
Il testo riconosce l’esigenza di un soccorso immediato alle vittime, che spesso sono però psicologicamente succubi della controparte. Nessun tribunale poi potrà concedere giustificazioni sulla base dei cosiddetti delitti d’onore: tradizioni religiose o culturali non saranno più un’attenuante. Anche ai media viene chiesta un’attenzione particolare nel presentare l’immagine della donna con rispetto e dignità.
Col passare del tempo i progressi dal punto di vista delle normative e anche della prevenzione del fenomeno ci sono stati, resta fondamentale continuare a lavorare “sul” cuore dell’uomo perché esso non sia più assetato di possesso e cupidigia ma si apra alla bellezza del rispetto e dell’amore che fa crescere e rende liberi!