Quando la fede non risponde

Raone Ramos ha 23 anni ed è agnostico. La sua vita non è stata delle più semplici. Ha ricevuto il dono della fede ma poi, scavando dentro di sé, ha percorso un cammino diverso.

Raone viene dal Brasile, studia amministrazione nel Nord-est dello Stato, nella città di Caruaru. Non ha ancora finito il suo percorso di studi: ha deciso però di trascorrere un anno a Montet, in Svizzera, presso la scuola dei giovani (gen) del Movimento dei Focolari, e ora è a Roma, per altri 6 mesi, sempre nella stessa realtà. Questo periodo gli ha permesso di conoscere altri giovani che, come lui, non sono credenti. Le sue speranze future e i suoi piani sono concreti, come quello di riuscire a stabilirsi in un posto, avere una casa e un lavoro che gli diano serenità. Oltre questo, un sogno che Raone coltiva nel suo cuore è quello di operare nel sociale. Spiega: «Sono molto innamorato della diversità. Nel mio Paese c’è la possibilità di lavorare per tante realtà di disuguaglianza, anche attraverso il Movimento stesso».

Dopo aver parlato di futuro, Raone mi racconta del suo passato. In modo molto naturale, ma anche sincero, mi spiega di essere rimasto orfano dei genitori quando era molto piccolo: «Mia mamma l’ho persa ad 8 anni. Era incita, ma ha avuto complicazioni durante il parto di mia sorella. Sono venute a mancare entrambe. Quattro anni dopo mio papà ha avuto un problema di cuore e ho perso anche lui». Raone rimane solo con la sorella più grande. C’è però una comunità pronta ad accoglierli, quella legata al Movimento in cui sono nati e in cui la mamma e il papà erano molto attivi.

L’affetto e la cura non sono mancati nella vita del ragazzo, che racconta di aver ereditato dalla sua famiglia, molto credente, la fede cristiana. Eppure, oggi Raone si definisce agnostico e spiega le ragioni che lo hanno portato a questo punto. L’agnosticismo, nella sua prospettiva, è quando c’è il dubbio su come si è sviluppato il mondo, se c’è qualcosa tra gli esseri umani, se dopo la vita c’è un’altra vita. L’agnostico non nega come l’ateo, ma vive il dubbio, eppure questo in qualche modo non lo condiziona.

«La nostra comunità era molto unita, anche nella fede. Sono cresciuto in un clima simile a quello che si avverte all’interno di una chiesa. Mi piaceva molto. Andavo a messa, cantavo nel coro, ma volevo di più. Ho pensato anche di poter diventare prete
e focolarino». È stato proprio questo desiderare di più, nel senso di voler comprendere meglio la fede, che lo ha spinto a fare un’esperienza nella Mariapoli Santa Maria, in Brasile. Con Dio aveva un rapporto molto forte ma allo stesso tempo confidenziale, ci chiacchierava. Sentiva quello che sente una persona credente, un qualcosa. Ha iniziato lo studio della filosofia e della teologia. Cos’è la religione, perché ne abbiamo bisogno?

È stato un lungo cammino che lo ha portato a conoscere tante persone e a comprendere cosa la Chiesa diceva e lui non condivideva del tutto. Si è reso conto che non amava nel profondo Dio in tutte le cose. Così come concepito dalla Chiesa, ad oggi
per lui sarebbe una costruzione umana. Sente che c’è qualcosa nel mondo, qualcosa di più della materia, ma non lo sa spiegare. Sono tante le religioni che parlano di Dio, qualcosa ci dovrà pur essere, pensa. Eppure, ha notato come ognuno viva la spiritualità diversamente.
Allora è arrivato al punto di pensare che la spiritualità venga dall’interno, non da una chiesa al di fuori. Ma afferma anche: «Il mio non è un cammino che è arrivato a delle risposte. Ogni giorno imparo un po’ di più».

Tanti giovani si fanno domande sul senso della vita. Che senso ha darle se non si crede? Raone spiega: «Ho avuto una mamma e un papà, che sono morti. Avrei voluto pensare e credere con forza che esista un posto in cui, dopo essere morto anche io, avrei potuto ritrovarli, ma poi ho sentito che anche questa potrebbe essere una creazione umana; perciò, non vivo in funzione di questo».

Non credendo con sicurezza che dopo questa vita ne abbia un’altra, vive quella che ha al massimo, cogliendo l’opportunità dell’attimo presente e condividendolo. Questo non gli fa venire l’ansia che tutto possa finire. Dice di non temere troppo la morte perché pensa di stare vivendo bene e che, in caso morisse, abbia vissuto quello che desidera. Ci tiene a specificare: «La vita che ho, cerco di viverla al meglio. Sono felice con le piccole cose». Gli chiedo perché rimane, da agnostico, in un Movimento composto per la stragrande maggioranza di credenti. Mi risponde con semplicità: «Perché mi sento a casa».

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